Listopoli, giallo doppia grafia: caccia
al responsabile dei 9 falsi candidati

Oltre cinquanta testimoni ascoltati, due indagati e ancora altre persone informate dei fatti da ascoltare. Questo pomeriggio tocca a due parlamentari, vale a dire Marco Di Lello e Leonardo Impegno, entrambi sostenitori dell’area dem riconducibile a Valeria Valente. Saranno ascoltati dalla Guardia di Finanza, saranno probabilmente chiamati a ricostruire la propria esperienza in relazione alla candidatura a sindaco di Napoli di Valente. E a loro verranno anche chieste informazioni sul dietro le quinte della creazione delle liste a sostegno della sfidante alla corsa a sindaco di Napoli nel corso delle ultime amministrative. 

A distanza di quasi un mese dalla scoperta del caso politico giudiziario legato alla presenza di nove candidati a loro insaputa nella lista Napoli Vale il giallo non è risolto. Anzi. Al momento la Procura ha raccolto test grafici di decine di testimoni e potenziali estensori dei documenti risultati fasulli. La parola passa a un esperto che studia la grafia, che dovrà esprimersi su eventuali analogie tra i testi raccolti. Ci sono alcuni punti che stanno prendendo forma, sotto gli occhi di specialisti e consulenti messi in campo dalla Procura. Sotto i riflettori, i modelli di accettazione alla candidatura, quei nove attestati che sono stati autenticati dal consigliere comunale del Pd Salvatore Madonna. 
Come è noto, il politico ha ammesso di aver autenticato documenti in assenza dei candidati, ma anche chiamato in causa Gennaro Mola. Difeso dal penalista Carlo Di Casola, Madonna è stato chiaro: «È stato Mola a portarmi tredici schede da autenticare, la scrittura di quei modelli non mi appartiene. Io ho solo messo la firma».

Versione respinta dal diretto interessato. Difeso dal penalista Bruno Von Arx, Mola non ha lasciato spazio a concessioni: «Non ho portato io quei modelli a Madonna, la sua ricostruzione è falsa». Dunque? Venerdì scorso il blitz nello studio di Mola, la finanza a caccia di alcuni documenti. Cosa cercavano? Puntavano ad agende, taccuini, insomma a qualsiasi appunto scritto da cui trarre esempi della «grafia» di Mola. Insomma, al di là del «saggio» lasciato dall’ex assessore comunale nel corso del suo interrogatorio, ci sono altri pezzi di carta che vanno analizzati. Ed è da questo primo spulcio che sta emergendo un’ipotesi da mettere a fuoco: le nove schede sarebbero state compilate da due mani diverse. Condizionale obbligatorio, dato lo stato iniziale dello screening, ci sarebbero due estensori dei modelli di accettazione alla candidatura risultati falsi. 

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Dall'archivio - Blitz nello studio di Gennaro Mola