La disoccupazione non si combatte con la mafia: 25 anni dopo la morte di Falcone

La disoccupazione non si combatte con la mafia: 25 anni dopo la morte di Falcone
di Maria Elefante
Martedì 23 Maggio 2017, 12:15 - Ultimo agg. 14:04
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«La mafia non è agenzia di servizi che da lavoro per combattere la disoccupazione. Qui la scelta è tra essere uomini liberi o schiavi della mafia». Nel nome di Falcone e Borsellino 25 anni dopo il procuratore generale di Napoli Luigi Riello lancia un appello affinché tutti i giorni ci sia un impegno vero, importante e quotidiano. Lo fa dal palco del teatro Augusteo, davanti ad una folla di ragazzi provenienti dalle scuole di Scampia, di San Giovanni a Teduccio, della Sanità e di tanti altri quartieri napoletani che hanno partecipato all'iniziativa ‘Palermo chiama Italia’ con cui si ricorda Giovanni Falcone a 25 anni dalla strage di Capaci.
 


Nel giorno dell’anniversario della morte del giudice e della sua scorta, è facile che la memoria ripercorra l’immagine dell’autostrada sventrata. Ma, questa volta, il ricordo più forte è l’automobile, la Fiat Croma bianca blindata su cui viaggiavano il giudice e sua moglie. I resti della ‘Quarto-Savona-Quindici’ sono stati esposti in piazza municipio lo scorso 10 maggio. Sono rimasti per un po' davanti a palazzo San Giacomo. Il palazzo che ospita l’ufficio di Alessandra Clemente, figlia di una vittima innocente della camorra. «State vicino a chi all'interno delle amministrazioni lotta contro le mafie – dice il sindaco Luigi de Magistris rivolgendosi ai ragazzi - i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati uccisi perché lasciati soli dallo Stato e perché sono entrati in un gioco più grande di loro. Le mafie sono fuori dallo Stato ma sono anche nelle istituzioni ed è per questo che bisogna essere vicino a chi le combatte».
 
«Inutile ammazzare un uomo dello stato. Perché c'è ne saranno mille che continueranno a lottare» ha precisato ancora Luigi Riello. «Ma devono combattere soprattutto i ragazzi ed i bambini – spiega il questore di Napoli Antonio De Iesu – il ricordo non deve essere solo un rituale ma un messaggio importante per i ragazzi che devono capire che la legalità deve essere uno stile di vita. Essere solidali nei confronti dei coetanei più deboli e fragili, indossare il casco e fare un uso corretto del web».

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