Bassolino: «Bagnoli? È il mio piano
ma ora si apra ai privati»

Bassolino: «Bagnoli? È il mio piano ma ora si apra ai privati»
di Gerardo Ausiello
Domenica 23 Luglio 2017, 13:50 - Ultimo agg. 20:05
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«Il piano di Bagnoli può decollare se, accanto alle risorse pubbliche, ci saranno anche gli investimenti privati. Altrimenti si rischia di assistere a film già visti». Ne è passato di tempo da quando Antonio Bassolino, fresco di fascia tricolore, tentò a fatica di avviare la riconversione dell'area ex Italsider (i forni erano stati spenti due anni prima) immaginando una nuova Bagnoli. Era il 1995. Oggi, 22 anni dopo, quel sogno è rimasto nel cassetto. Anche e soprattutto per responsabilità della politica. Le classi dirigenti sono cambiate e ora c'è un nuovo piano per Bagnoli, che poi è di fatto lo stesso di vent'anni fa. E allora ci si chiede: se quel programma di interventi non è decollato negli anni Novanta, perché dovrebbe concretizzarsi oggi?

Bassolino, lei che ne pensa?
«Che un passo in avanti, intanto, c'è stato. Con la firma di mercoledì in Prefettura si chiude una lunga fase di contrapposizione politica e istituzionale e se ne apre un'altra, di dialogo e collaborazione. Di questo risultato bisogna dare merito a tutte e tre le istituzioni: Governo, Regione e Comune».
Domanda retorica: non si poteva fare prima?

«Si poteva e si doveva fare prima».
Di chi è la responsabilità? Di de Magistris? Di Renzi? O di entrambi?
«Non dev'esserci alcuna confusione tra istituzioni e partiti. Tra forze politiche, gruppi parlamentari e consiliari la competizione, e anche la lotta politica, è legittima e sacrosanta, naturalmente entro certi limiti che non comportino la distruzione delle forze in campo. Ma tra istituzioni la collaborazione è doverosa».
Questo lei lo ha ripetuto più volte a de Magistris. Ma non ha fatto sconti neppure allo sblocca-Italia voluto da Renzi.
«In un'intervista al Mattino dissi che non mi convinceva l'articolo 33 soprattutto nella parte dei poteri urbanistici, che spettano al Comune. Poi la norma è stata oggetto di modifiche, che hanno solo in parte sanato il vulnus. Tuttavia da lì inizia la contrapposizione che ha tenuto banco per quasi tre anni, con momenti di tensione altissimi, e con la decisione di de Magistris, a mio avviso sbagliata, di disertare la cabina di regia».
D'accordo, ma oggi l'intesa è stata siglata e sembrano esserci le condizioni per il recupero e il rilancio di Bagnoli. O no?
«Va riconosciuto a De Vincenti di aver svolto un ruolo essenziale. Il ministro si è mosso con pazienza e determinazione, e ha avuto l'intelligenza politica di offrire una via d'uscita rispetto al vicolo cieco in cui si era infilato il Comune, non partecipando alle riunioni della cabina di regia e presentando ricorsi su ricorsi, mentre il commissario, che pure ha svolto un buon lavoro, andava avanti per la sua strada, senza alcuna possibilità di dialogo con l'ente. Bene ha fatto poi il sindaco a cogliere l'opportunità ed a favorire l'intesa. Sì, la politica ha fatto la sua parte e oggi c'è un clima costruttivo. Ritengo altresì positivo che siano state confermate le scelte urbanistiche compiute negli anni Novanta. Ma restano ancora da affrontare nodi fondamentali. Se non si scioglieranno non si andrà molto lontano».
Quali?
«In questi anni de Magistris ha assicurato che a Bagnoli non ci sarebbero state speculazioni, la stessa posizione l'ha assunta Nastasi. Giusto. Io aggiungo, però, che speculazione non ci può essere grazie al Piano regolatore generale voluto e approvato da noi. Abbiamo salvaguardato il posto più bello del mondo, lo ha detto Prodi nei giorni scorsi e io non posso che condividere, gettando le basi per una trasformazione e un rilancio dell'area dal punto di vista culturale, ambientale e produttivo in senso moderno, ovvero con un'industria della conoscenza che, con Città della Scienza, ha cominciato a porre le sue prime basi».
Il Prg ha evitato speculazioni ma è considerato anche una delle cause del mancato sviluppo dell'area perché l'ha resa poco appetibile per gli investimenti privati.
«Sulle decisioni che adottammo per Bagnoli c'era una forte ispirazione francese, nel senso che immaginammo un massiccio intervento pubblico. Questa impostazione poteva reggere all'inizio degli anni Novanta, quando c'erano ancora ingenti risorse statali da investire, ma con il passare del tempo i finanziamenti si sono inesorabilmente ridotti. E poi lo Stato italiano non è lo Stato francese».
Solo per questo non ce l'avete fatta? O esistono anche responsabilità politiche? Se tornasse indietro cambierebbe qualcosa di quel piano?
«Certamente la questione delle risorse è cruciale. Dal punto di vista urbanistico il progetto era fondamentalmente valido, tant'è che è stato riconfermato oggi. Il vero punto è la sostenibilità. Ecco, su questo occorre evitare i limiti e le insufficienze del passato».
Cosa fare, allora?
«Serve chiarezza sia sui finanziamenti pubblici che sulla parte privata. Occorre cioè definire come e in quali ambiti possano intervenire gli imprenditori. In questo senso sarà essenziale mantenere un dialogo vero con le forze produttive della città. Il metodo adottato sarà determinante. Per questo occorre grande attenzione, anche per evitare che si passi da un pessimismo quasi cosmico ad un ottimismo semplicistico».
Le altre possibili zavorre?
«Accanto al problema delle risorse tra i nodi principali vedo la delicata questione del recupero dei suoli dal fallimento e il tema del trasporto pubblico: ora c'è un impegno del ministro Delrio per portare la metropolitana a Bagnoli; nessuno è più felice di me di tale volontà e del fatto che in queste ore sia stata abbattuta l'ultima barriera in piazza Municipio per il collegamento tra le linee 1 e 6. Una volta ultimata, la stazione di piazza Municipio sarà la più straordinaria del pianeta. Ma ora sono da definire con chiarezza il progetto per il metrò a Bagnoli e le concrete e necessarie risorse per realizzare l'opera».
E Città della Scienza? Per il Prg deve arretrare, per il programma concordato dalle istituzioni pure, per la Fondazione Idis no.
«Nel Prg è previsto il ripristino della linea di costa. In questi anni è stato firmato un protocollo per la ricostruzione del museo tra Città della Scienza e le istituzioni locali e nazionali. Anche in questo caso la strada da seguire è quella del dialogo».