Fondazione BancoNapoli, guerra dei numeri: stop di Marrama ai dissidenti

Fondazione BancoNapoli, guerra dei numeri: stop di Marrama ai dissidenti
di Nando Santonastaso
Venerdì 9 Febbraio 2018, 10:46
4 Minuti di Lettura
Il conto alla rovescia è ormai iniziato ma sull'esito del Consiglio generale del 26 febbraio prossimo è a dir poco azzardato avanzare previsioni. La sensazione più diffusa è che una buona fetta del futuro della Fondazione Banco di Napoli, inchieste della magistratura e ispezione del Tesoro a parte, si giocherà sul regolamento e soprattutto sulla sua interpretazione giuridica. Come spesso succede quando non ci sono scelte condivise e mai forse come in questo caso parlare di orientamenti comuni ormai non ha più alcun senso lo scontro tra minoranza e maggioranza (sempre ammesso che questi termini rispondano ancora al loro significato originario) finisce per addentrarsi in meandri tecnico-normativi che sfuggono al comune mortale ma che invece possono assumere peso e sostanza decisivi. Dopo la convocazione del Consiglio da parte del presidente uscente Daniele Marrama e la quasi contestuale richiesta della cosiddetta minoranza di arricchire lordine del giorno con una ben più nutrita serie di argomenti, tra i quali ancora una volta la richiesta di verifica dell'attuale maggioranza (e quindi la revoca del mandato di Marrama), la parola è passata agli esperti. Hanno ragione gli oppositori ad allargare il perimetro del confronto del 26 febbraio o il presidente che ne limita i confini alla presa d'atto della nomina del professore Francesco Fimmanò dopo l'ordinanza del tribunale civile di Napoli, e degli altri consiglieri che dovranno subentrare a quelli dimessisi o defunti?

Marrama, che continua a mantenere il basso profilo che si è imposto, senza rispondere cioè direttamente al nuovo fronte di contestazioni, anche stavolta preferisce non commentare. Ma intanto dal suo entourage si fa sapere che nei prossimi giorni sarà inviata a tutti i consiglieri una risposta a norma di statuto sulla richiesta di convocazione urgente del Consiglio avanzata da una significativa parte di essi.
 
Cosa vuol dire? In attesa di scoprirlo dal diretto interessato (la risposta, a quanto pare, arriverà nei primi giorni della prossima settimana), pare di capire che Marrama ha piena fiducia nel suo operato e che di conseguenza l'ordine del giorno non può essere modificato. Ovviamente non la pensano alla stessa maniera i sei consiglieri all'opposizione (Abbamonte, Caia, Paliotto, Baselice, Pessolano e Di Baldassarre) che sono pronti a dimostrare, codice alla mano, la fondatezza della loro iniziativa citando proprio lo statuto che permette a un terzo dei consiglieri di avanzare una richiesta di convocazione urgente (attualmente l'organismo, si osserva, è ridotto a 15 dei 21 componenti e 6 sono più di un terzo).


Di sicuro a Marrama l'iniziativa non è piaciuta anche perché, dicono sempre i suoi più fidati collaboratori, sembra non tener conto del responso forse più importante di tutta questa vicenda, e cioè quello degli ispettori inviati alla Fondazione - su richiesta proprio della minoranza - dal ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan per capire come stanno esattamente le cose. Perché tanta fretta?

A questa domanda è a dir poco difficile rispondere considerato anche il clima avvelenato che accompagna ormai da mesi questo contrasto. Che si vada ad una conta è pressoché scontato ma del resto è proprio sui numeri che si sta giocando la partita finale della Fondazione, almeno per l'attuale governance. Nelle ultime votazioni in Consiglio la distanza tra i sostenitori di Marrama e i suoi avversari si sarebbe di fatto annullata. L'equilibrio è stato sicuramente favorito al di là delle ragioni dell'una e dell'altra parte dall'assenza di alcuni consiglieri (sei, come detto, compreso il professor Fimmanò, quelli da nominare) ma anche dalla scarsa partecipazione alle riunioni di qualche altro. L'ipotesi che oggi si potrebbe delineare uno scenario favorevole a chi vuole sfiduciare Marrama sembrerebbe dunque fondata.

In questo caso, l'arrivo dei nuovi nominati, sempre se questo ragionamento ha un senso, rischierebbe di ricompattare il fronte favorevole al presidente uscente che nella seduta di Consiglio successiva potrebbe di nuovo contare su una maggioranza solida. Naturalmente è possibile anche il contrario, e cioè che tra i nuovi consiglieri proposti dai loro enti con terne da scegliere e non più con un nome secco, non tutti - come ad esempio il professor Fimmanò - si schiereranno per Marrama. Alla stessa maniera è anche possibile, alla luce delle ultime fibrillazioni, che si registrino in extremis passaggi da una componente all'altra, con un effetto dirompente sulla presunta parità delle forze in campo almeno in questa fase che è fin troppo facile immaginare.

Non va peraltro trascurato che nella richiesta di convocazione straordinaria, i sei consiglieri anti-Marrama hanno anche espressamente chiesto l'istituzione di una commissione alla quale affidare un esame preliminare sulle candidature designate: il che, sempre in base al semplice buon senso, comporterebbe un allungamento non trascurabile dei tempi di ammissione, ben oltre di sicuro la scadenza elettorale per il rinnovo del cda della Fondazione prevista, come già ricordato, tra aprile e maggio.

Ecco perché l'ennesima battaglia giuridica di questa vicenda, quella appunto sullo Statuto, si annuncia decisiva. Forse sarebbe opportuno, per evitare ulteriori strascichi polemici a colpi dell'immancabile carta bollata, che la pronuncia del ministero del Tesoro arrivasse al più presto perché, in un senso o nell'altro, potrebbe contribuire a fare chiarezza in uno scenario complesso. Nel quale le frizioni personali rischiano di contare più di tutto e allontanare l'obiettivo del rilancio della Fondazione. Obiettivo, e non sembri affatto un paradosso, al quale tendono entrambi gli schieramenti. Solo che finora nessuno è riuscito a metterli d'accordo e difficilmente si troverà qualcuno nell'immediato futuro disposto a provarci.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA