Sulle tracce di Kounellis per un viaggio nell’arte

Sulle tracce di Kounellis per un viaggio nell’arte
di Pasquale Esposito
Sabato 18 Febbraio 2017, 10:36 - Ultimo agg. 10:38
6 Minuti di Lettura
 Morte di un artista che ha lasciato il suo segno a Napoli: per la scomparsa di Kounellis è unanime il cordoglio nel mondo culturale cittadino in cui era considerato - e lo era a tutti gli effetti - uno dei protagonisti. Per le tante mostre, le amicizie decennali la lunga frequentazione artistica. A cominciare dagli Arsenali di Amalfi (1968), la prima mostra da Lucio Amelio l’anno dopo e poi una serie di presenze: da «Terrae Motus» e il Natale dell’Arte in piazza Plebiscito, dalla sua mostra nelle sale del museo di Capodimonte alla grande esposizione per l’inaugurazione del Madre. Tante le testimonianze d’affetto e di stima per «Gianni» Kounellis, nel ricordo di Eduardo Cicelyn, Lia Rumma, Alfonso Artiaco, Lucia e Laura Trisorio, Mimmo Jodice, e Antonio Bassolino, che da sindaco prima e presidente della Regione poi dette grande appoggio alla diffusione dell’arte contemporanea in città.

Ne vien fuori un ricordo molto affettuoso e una testimonianza di grande stima per l’artista. Eduardo Cicelyn si è precipitato a Roma, dove al Campidoglio è stata allestita la camera ardente di Jannis Kounellis (i funerali lunedì mattina nella Chiesa degli artisti ai Parioli), e ricorda i tanti momenti vissuti insieme che hanno cementato l’amicizia: «Per me è come se fosse morto un fratello maggiore, anzi per me Gianni non è morto, uno come lui è immortale. Aveva un rapporto molto forte con Napoli, lui, nato al Pireo, sentiva il richiamo della città di mare con un grande porto.

In questi momenti scorrono tante immagini, tanti ricordi, le notti passate insieme a montare le mostre, i contatti con i rigattieri per cercare le cose che aveva in mente da esporre, le chiacchierate che non terminavano mai. A Napoli abbiamo un vero e proprio “percorso Kounellis”, da Capodimonte al Madre, dalla stazione “Dante” della metropolitana al sul Mulino del Ponte di Tappia, la città si presenta come una mostra in itinere della sua arte». Lia Rumma ha conosciuto Kounellis ad Amalfi, in occasione di quella celebre mostra agli Arsenali, che «battezzò» la nascita dell’Arte Povera: «Un episodio non potrò mai dimenticare, che ci fa comprendere la vita e la personalità di questo grande artista. Era il 1968: Germano Celant e Marcello Rumma stavano lavorando intensamente e con non poca fatica all’evento di Amalfi «Arte povera + azioni povere».

Era un momento cruciale per la storia di tutti quegli artisti che sarebbero stati i protagonisti indiscussi di uno dei movimenti italiani più importanti degli ultimi cinquant’anni. Le trattative con gli artisti e i galleristi che li rappresentavano erano frenetiche. Kounellis aveva tempestivamente inviato le sue opere, ma il suo gallerista Sargentini, che inizialmente aveva confermato la propria collaborazione, minacciava il ritiro delle opere di Kounellis e di Pascali: furono momenti drammatici. Giornalisti, critici, curatori, televisione premevano per entrare e documentare l’eccezionalità dell’evento. Durissima fu la reazione di Marcello Rumma e ferma quella di Kounellis e Pascali: le opere restano». Tra un ricordo e l’altro, c’è anche il rapporto di Kounellis con il mito di Ulisse.

Mimmo Jodice esprime dolore per la scomparsa dell’amico e cita un episodio degli anni ’70: «Jannis era un artista straordinario, con una tensione sempre fortissima. Ci incontravamo spesso, una volta mi disse, era l’inizio del 1972, che voleva fare una sorta di Manifesto per Ulisse: voleva che io lo fotografassi su un veliero in mezzo al mare. Io riuscii a trovare solo un vecchio peschereccio a Pozzuoli, prendemmo il largo, poi io presi posto su una barchetta e lui si mise in posa, in piedi, a scrutare l’orizzonte, novello Odisseo. Mentre fotografavo, all’improvviso venne giù un acquazzone che ci rese fradici di pioggia, ma fu un’avventura bellissima, straordinaria. Peccato che se ne sia andato, avevamo tante cose da dirci ancora, aveva una creatività dirompente».

Kounellis e Napoli, il rapporto passa anche dai contatti con Pasquale Trisorio, e sua moglie Lucia, che ricorda gli anni di Napoli e di Anacapri: «Jannis passòmolto tempo ad Anacapri, a Villa Orland: lavorava nel salone al piano terra, trasformato per l’occasione in un grande studio, con tele di tutte le dimensioni, colori, pennelli e attrezzi sparsi un po’ dappertutto. Lavorava assiduamente e ogni tanto saliva la scala che portava nella grande cucina, si stava un po’ insieme e si chiacchierava. A Villa Orlandi dipinse un quadro dedicato a James Ensor che segnò una tappa importante del suo lavoro. Una mattina andò via... Lasciò vestiti, lavori, carte e solo dopo alcuni mesi si rifece vivo.

Nel frattempo, durante l’inverno, alcuni ragazzini anacapresi, rompendo un vetro, riuscirono ad entrare nello studio dandosi alla pazza gioia con colori e pennelli. Conservo ancora per ricordo una piccola tela dipinta di grigio da Jannis, con sopra una chiesetta bianca con la luna, dipinta dai bambini». Anche Bassolino ha raggiunto Roma ieri pomeriggio per rendere omaggio all’artista scomparso: «Provo dolore e tristezza per la scomparsa di Kounellis, uno dei più grandi artisti a livello internazionale e persona straordinaria. Era un grande artista mediterraneo, amava molto Napoli, dove - mi diceva - si sentiva a casa, come se fosse nato qua. Gianni è stato un maestro dell’arte contemporanea, un innovatore radicale del linguaggio della pittura, ma anche un erede dichiarato di Masaccio e di Caravaggio.

La centralità dell’uomo, il punto di vista dell’uomo, la vita reale dell’uomo sono stati da sempre al centro della sua visione. Dalla grande tradizione italiana aveva appreso che l’arte è una presa di posizione sul proprio tempo e sulla storia, un modo di concepire il mondo e di viverlo. È stato internazionale per vocazione e per prestigio, ma ha amato Napoli in un modo del tutto speciale. Dal 1969 con sua prima mostra nella galleria Amelio, a piazza Plebiscito nel 1996 e nel 2006 con la retrospettiva che inaugurò il Madre, senza dimenticare l’installazione permanente dal 1999 in via Ponte di Tappia, non ha mai smesso di frequentare la nostra città e di partecipare attivamente al dibattito culturale. Ci mancheranno le opere che non potrà realizzare e ci mancheranno il suo pensiero e la sua voce».

Anche Alfonso Artiaco ricorda il grande artista: «Nel 1986 avevo 22 anni ed inaugurai con la mostra “Possibilità di collezione” il mio spazio di Pozzuoli e Kounellis era tra gli artisti di questa collettiva.
Ho avuto il privilegio di lavorare con lui direttamente nel 1997, per la l’apertura del nuovo spazio in corso Terracciano, e poi una serie di interventi fino al 2009 per la sua personale nella mia galleria di piazza dei Martiri. Nel suo lavoro ho sempre notato un respiro, una capacità di riprendere e modificare temi: con la sua morte l’Italia e il mondo perdono un grandissimo artista, dal carattere risoluto e determinato, senza compromessi. Io oltre a tutto questo perdo un amico a cui ho voluto bene».
© RIPRODUZIONE RISERVATA