Pompei, indagine sulla scritta: «La data dell'eruzione resta dubbia»

Pompei, indagine sulla scritta: «La data dell'eruzione resta dubbia»
di Carlo Avvisati
Giovedì 18 Ottobre 2018, 12:00
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Metti una scritta con il carboncino. Aggiungi che la frase è in latino. Considera che è stata trovata a Pompei su una parete delle «casa con il giardino», una di quelle che si stanno riportando alla luce nelle Regio V, su quell'area detta del «cuneo» che affaccia sulla Via di Nola. Fai tradurre a un epigrafista d'eccellenza come Antonio Varone quanto riportato sull'intonaco e cioè «XVI (ante) K (alendas) Nov (embres) in ulsit pro masumis esurit » ovvero «il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato» ed ecco che il giallo è servito. Quella data, secondo il direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, riposizionerebbe nel tempo il giorno dell'eruzione con la quale il Vesuvio distrusse Pompei, Ercolano, Stabiae e Oplontis. Non più dunque il 24 agosto del 79 dopo Cristo, come si era sempre detto, bensì il 24 ottobre dello stesso anno.

I codici di Plinio riportano tutti «nonum kalendas semptember», ovvero «nove giorni prima delle calende di settembre», tranne uno che annota «nonum kalendas november»: nove giorni prima delle calende di novembre. I filologi hanno sempre optato per settembre. «Calenda» era il primo giorno del mese. Il conto va fatto all'indietro. Dunque nove giorni prima dell'uno settembre cade il 24 agosto. Identico ragionamento per la frase successiva e cioè «nove giorni prima delle calende di novembre» ossia il 24 ottobre. La scritta scoperta recita «sedici giorni prima delle calende di novembre» e dunque vale il «17 di ottobre». In quel giorno, quello che certamente non era un semplice operaio. forse uno dei maestri decoratori che lavoravano sulla parete della stanza accanto, vergò la frase.
 
Gli archeologi Antonio De Simone e Salvatore Ciro Nappo, quando fecero i calchi, anni fa, di un gruppo di pompeiani trovati nelle Regio I, osservarono che erano ricoperti da vestiti non estivi; gli stessi archeologi trovarono a Murecine, nello scavo dei Sulpici, una pigna non ancora aperta. Indizi che uniti ai bracieri, alla moneta letta da Grete Stefani, indirizzano verso un'eruzione autunnale. Ma, c'è un «ma» grosso quanto una casa: manca l'anno, nella scritta. Ragion per cui la frase potrebbe risalire anche al 78 o al 77 avanti Cristo. E dunque rimettere tutto di nuovo in discussione facendo così cadere l'ipotesi iniziale: 24 ottobre 79 dopo Cristo. «Per quello che mi riguarda» sottolinea Varone, l'epigrafista traduttore della scritta «posso dire che è molto probabile che quella sia una scritta del 79 dopo Cristo. È probabile che il colore del carbone sparisca col tempo ma non è certo. L'archeologia non è come la matematica. Così come stanno le cose, dovendo dare una valutazione, è maggiormente probabile che l'iscrizione dati al 79 anziché al 78. E dire che sono uno che ha sempre considerato quella del 24 agosto la data giusta».

Insomma non c'è certezza assoluta ma solo probabilità. La casa era in ristrutturazione, per questo il colore della scritta è «fresco e vivo». Eppure nessuno può escludere che il colore non si sia mantenuto perfetto per un anno. Insomma, lo «scrivano» si limita a vergare semplicemente mese e giorno. Punto. «Ecco, sottolinea Fausto Zevi, archeologo pompeianista, «se ci fossero stati nomi dei consoli avremmo risolto il problema. Va però detto che Osanna ha fatto un lavoro egregio e che l'aver riportato in primo piano la data dell'eruzione attraverso i suoi scavi, va a sua lode. Ogni volta che uno rimette mano a Pompei si riaprono infiniti dossier da studiare». A testimonianza di quanto ancora può rivelare questa terra che il Vesuvio sigillò senza scampo, sotto cenere e lapilli, duemila anni fa.
 

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