Santa Chiara, nella chiesa di Napoli restaurati gli affreschi

Santa Chiara, nella chiesa di Napoli restaurati gli affreschi
di Carlo Avvisati
Sabato 19 Agosto 2017, 09:32
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Entro la prima settimana di settembre torneranno a splendere i colori degli affreschi due-trecenteschi che nella controfacciata della basilica di Santa Chiara impreziosiscono il monumento funerario di Antonio Penna (o De Penne), segretario del sovrano napoletano Ladislao d'Angiò-Durazzo. Assieme alla pittura, di quest'opera, che viene considerata come una tra le più belle «cappelle» gotiche che ancora si conservano a Napoli, sarà recuperato anche il baldacchino in marmo che la contiene: terminato entro il 1414, venne commissionato al maestro Antonio Baboccio da Piperno, pittore, scultore e orafo, molto attivo nel 1400 a Napoli, e a Santa Chiara in particolare, dove tra gli altri monumenti funebri approntò anche il sepolcro di Margherita di Durazzo, adesso nella cattedrale di Salerno.
L'intervento di restauro, che è supervisionato da Roberto Middione, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli responsabile della basilica, arriva a circa un anno di distanza dall'altro, più corposo, effettuato su cinque cappelle interne allo stesso edificio, contenenti i monumenti funerari della nobiltà napoletana di epoca angioina, pesantemente deturpate da scritte e disegni. Il recupero venne fortemente voluto da padre Agostino Esposito (adesso sostituito da padre Carlo D'Amodio), all'epoca ministro dei frati minori per la provincia di Napoli.

La pittura, un dipinto «a secco» molto rovinato dal tempo, dalle muffe e dai fumi, oltre che dai danni subiti durante il bombardamento anglo americano del 4 agosto 1943 e il successivo catastrofico incendio che distrusse quasi del tutto Santa Chiara, è a doppio registro. Su quello inferiore, che è anche il punto in cui si concentra l'attenzione dell'osservatore, e che secondo gli storici dell'arte è attribuibile a un seguace di Roberto d'Oderisio, è riportata «un'antica immagine della santissima Trinità come scrive Vincenzo Corsi nel suo Principali edifici della città di Napoli, del 1850 raffigurata dal Crocefisso tra le braccia dell'Eterno Padre, e lo Spirito Santo, librato ad ali aperte sulla croce». Nel campo superiore, coevo alla realizzazione del baldacchino (il dipinto della Trinità è di datazione anteriore), invece, si vedono i Penna, Antonio e Onofrio, zio e nipote, inginocchiati davanti a un tempio sotto il quale è seduta in trono la Madonna.

E fu proprio Onofrio, che da Antonio aveva ereditato l'incarico di segretario del re, a commissionare il baldacchino a Baboccio. «Prima di ogni azione provvediamo alla pulizia della superficie decorata» spiega Simona Anastasio della Ocra Restauri, che con i colleghi Claudio Napolitano e Vincenzo Salomone sta effettuando l'intervento, «in maniera da avere un quadro esaustivo tanto sullo stato della pellicola pittorica quanto sulla qualità dell'intonaco che fa da supporto. Da un primo esame si evince che le pitture, oltre a risultare integrate e rimaneggiate hanno anche necessità di consolidamento dell'intonaco sul quale vennero stese».

I problemi dell'opera, dipinto e baldacchino, stanno tutti nel fatto che intonaci decorati e marmi quando vennero recuperati erano ridotti, letteralmente, in pezzi. I documenti d'archivio, che sono stati scoperti e indagati da Middione, sottolineano che le maggiori difficoltà per il restauro dei monumenti di Santa Chiara vennero incontrate proprio con il baldacchino di Antonio Penna. Per il quale non si potette procedere alla ricostruzione e restauro in loco ma fu necessario trasportare i pezzi a Firenze per rimetter a posto il tutto. Ovviamente, per le colonne servirono consistenti integrazioni che invece di essere messe in opera con stucco in marmo videro largo uso del cemento. E proprio su queste integrazioni poco filologiche i restauratori stanno lavorando per riportare le colonne al colore e alla bellezza originaria.