Portici, Nespoli «riporta» sulla terra le carote venute dallo spazio

Portici, Nespoli «riporta» sulla terra le carote venute dallo spazio
di Carlo Avvisati
Martedì 24 Aprile 2018, 10:43
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Le hanno messe le radici nello spazio, i semi dell'italianissima «Dacus carota» che nel dicembre 2017 partirono dal John Fitzgerald Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida, diretti verso l'Iss, la stazione internazionale che orbita a circa 400 chilometri dalla Terra. Le hanno messe e, pare, anche bene, nel senso del «vigore», stando a quanto filtra dai laboratori del Dipartimento di Agraria di Portici i cui scienziati, con un gruppo di studenti del locale liceo scientifico Filippo Silvestri, hanno ideato l'esperimento di «sviluppo di un apparato radicale vegetale nello spazio». L'unico interrogativo che resta da svelare ancora è la direzione che quelle radici di carota hanno preso. E, proprio questo è il segreto che Paolo Nespoli, l'astronauta italiano che ha soggiornato lungamente nello spazio, rivelerà oggi, alle 15, nella Sala Cinese dell'ex Palazzo Reale, ora sede del Dipartimento di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Saranno mostrati i video girati a bordo della stazione spaziale; verrà spiegato nei dettagli il contenuto degli esperimenti; e, soprattutto, ci sarà la possibilità di vedere da vicino due celle di germinazione con le radici sviluppate all'interno.

L'obiettivo del progetto, attivato appunto da Nespoli, era quello di far radicare la carota laddove potesse trovare sostanze nutritive e acqua, così come di norma succede sulla Terra. Vale a dire che se per piante e semi non ci sono problemi di crescita sul terreno e la direzione delle radici viene influenzata dalla forza di gravità che le indirizza verso il centro del pianeta, per le stesse specie vegetali, in assenza di gravità, e dunque nello spazio, c'è un pesante handicap in quanto le radici si sviluppano in ogni direzione possibile. Proprio per questo sono state inseminate otto speciali cellette di germinazione, allestite per favorire una radicazione «normale». E oggi è l'occasione giusta per verificare se l'intuizione degli scienziati napoletani - Giovanna Aronne, docente di Botanica al Dipartimento di Agraria di Portici, e da Luigi Gennaro Izzo, Sara De Francesco e Leone Romano - ha avuto o meno riscontri positivi sul campo.
 
La scelta della specie vegetale da testare è caduta sulla carota perché si è reso necessario rispettare una serie di protocolli riguardanti grandezza e facilità di germogliare. Le celle, ognuna delle quali contenente quattro semi, misurano un paio di centimetri quadrati di superficie ciascuna e hanno dei substrati specifici di crescita: uno bagnato con acqua e l'altro con una soluzione di sali minerali; al loro interno sono stati dunque inseriti i semi poi germinati. Eproprio quelle celle che hanno viaggiato nello spazio e nelle quali si sono sviluppati le radici saranno una delle curiosità del convegno perché saranno mostrate in un apposito spazio e potranno essere osservate da vicino.

La tappa a Portici di Nespoli è la prima del tour di visite ai coordinatori scientifici degli esperimenti italiani riguardanti la dinamica dei fluidi, le radiazioni, la biologia e test di attrezzature tecnologiche, per relazionare sulle fasi e sui risultati dei progetti svolti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale durante la missione «Vita» (Vitality, Innovation, Technology, Ability). Ad accogliere Nespoli saranno il Rettore della Federico II Gaetano Manfredi, Matteo Lorito, direttore del Dipartimento di Agraria, Luisa Franzese, direttore generale dell'Ufficio Scolastico Regionale della Campania; Teresa Di Gennaro, dirigente del Liceo Scientifico Statale Filippo Silvestri e Vincenzo Cuomo, sindaco di Portici.

«Quello che per noi era fondamentale verificare spiega Aronne era la direzione che assumono le radici in caso di germinazione in assenza di gravità ma in presenza appunto di due differenti elementi di crescita: acqua o sali minerali». La ricaduta dell'esperimento è di valenza unica per il futuro dei viaggi spaziali e per la sopravvivenza degli astronauti, visti i vantaggi che ne deriveranno nella produzione di specie vegetali sulla Terra. «Il risultato del test dice la scienziata sarà applicabile, in futuro, nelle missioni di lunga durata, allorché gli astronauti avranno assolutamente bisogno di poter contare su delle piante coltivabili nelle serre attivate su quelle stazioni. Piante che daranno il loro contributo non solo come cibo ma serviranno anche per il riciclo dell'acqua e dell'aria».
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