Pizzo, dai Tribunali agli studi Abbey Road: un libro lo racconta

Pizzo, dai Tribunali agli studi Abbey Road: un libro lo racconta
di Federico Vacalebre
Martedì 17 Gennaio 2017, 15:35
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A pagina 57, per esempio, si spiega concretamente l'effetto - detrattori e fans a parte, che non contano nè i primi nè i secondi, ad essere sincerti - avuto dal fenomeno Giovanni Allevi sul mondo della musica classica (?) in Italia, quello giovanile si intende, che quello dei baroni ha reagito in maniera esattamente contraria, arroccandosi nei propri fortini indifendibili. «Se ce l'ha fatta lui, posso farcela anche io», dice Alberto Pizzo nel libro che l'amico-collega Gianluca Fronda gli ha dedicato.

Il viaggio di Alberto Pizzo. Un piano segreto, appena pubblicato da Graus (pagine 183, 15 euro) potrebbe sembrare un atto di presunzione - ma come, a 35 anni già una biografia su di lui? - e, invece, è una sorta di esorcismo-diario di strada, non a caso affidato a un compagno di note e di sogni (l'autore è salernitano, classe 77, anche lui pianista e compositore), che non cerca toni narrativi particolari, nè tenta spiegazioni della scalata verso il successo di uno scugnizzo del centro storico, via San Paolo ai Tribunali, ma ne annota le tappe condivise, gli incroci con la propria formazione strumentale, le comuni inquietudini e la ricerca di chi le plachi, come Mel Gill, psicoterapeuta e transformational coach qui nelle vesti di prefatore.

Proprio nella scelta dell'approccio viene fuori il personaggio Pizzo, a suo agio sulla tastiera (non avrebbe conquistato altrimenti Bacalov, Bollani, Rea, la Marcotulli, che hanno diviso concerti con lui) molto meno con le parole, che, scorrono sincere e quindi impacciate, impacciate e quindi sincere, anche sulla carta. Fronda attraversa esperienze di studio, sogni, delusioni, problemi, parla delle esperienze in Giappone e a New York con il tono della favola che si realizza, il ruolo della fatina tocca a Michael Douglas, divo hollywoodiano che lo vuole a un suo party e poi ne decanta le qualità, dando il via a un trend positivo e contagioso che gli ha permesso di arrivare a contratti con la Yamaha e con la Sony Classical, che ha pubblicato il suo terzo album, «Memories», il più recente, registrato nei mitici studi Abbey Road londinesi.

Un altro ragazzo che ce l'ha fatta venuto da piazza San Gaetano, come Speaker Cenzou, come lui ancora alla ricerca di qualcosa di più. E se il «bambino cattivo» del rap newpolitano ha sempre usato le rime chiatte in dialetto e i groove altrettanto crassi e potenti per dire la sua esprimendo le sue radici, Alberto, che oggi vive a Roma e ha un piede - e una carriera parallela - in Giappone (sua moglie è la cantante Yuki Sunami), ha trovato nei tasti bianchi e neri del suo pianoforte un'equivalente traccia di veracità aggiungendo «Era de maggio» alle sue scalette tra Chopin, Morricone e brani originale, lasciando permeare il suo dichiarato romanticismo dal richiamo melodico della grande lezione della canzone napoletana.

Se c'è - e ce n'è e appesantisce la lettura appiattendo la storia - retorica tra le righe è perché Pizzo non cerca quarti di nobiltà o patenti intellettuali, ma vuole rappresentarsi per quello che è: mostra il «piano segreto» della sua vita, che non ha nullo davvero di segreto, se non la normale, difficilissima, costruzione di una carriera musicale senza santi protettori. Per questo importa l'esempio di Allevi, che se non sarà musicalmente rilevante, lo diventa nel momento in cui «ce la fa», in cui dimostra ai ragazzi italiani venuti da conservatori chiusi al mondo che si si può aprire al mondo proponendo la propria musica. Come Pizzo sta facendo.