Girolamini di Napoli, la bibliotecaria non ha diritto alla pensione

Girolamini di Napoli, la bibliotecaria non ha diritto alla pensione
di Gaty Sepe
Giovedì 14 Dicembre 2017, 11:40
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Dopo 46 anni di servizio è sul mercato del lavoro come una precaria e non ha pensione. A gennaio Maria Rosaria Berardi compirà 67 anni, il 31 dicembre scade l'ultimo contratto a termine - semestrale e con un'agenzia di lavoro interinale - con cui, come una giovane laureata, ha potuto continuare a lavorare fino ad oggi come bibliotecaria ai Girolamini dove è entrata per la prima volta da impiegata a 20 anni nel 1971. Eppure la sua non è una storia comune: con il fratello Piergianni, adesso assunto come custode, con le stesse modalità contrattuali, insieme a Bruno Caracciolo, Maria Rosaria ha squarciato il velo sul saccheggio dei Girolamini consegnando alla procura perfino i dischetti con le videoregistrazioni dei furti che permisero di arrestare il direttore Marino Massimo De Caro. Sono eroi civili insigniti per questo del titolo di Cavalieri della Repubblica dal presidente della Repubblica Napolitano. Peccato che con le onorificenze - e nemmeno con la cultura, in questo caso - non si mangi. La loro è la strana e assurda storia di quelli che il capo della Procura di Napoli Giovanni Melillo, all'epoca l'aggiunto che curò le indagini, definisce «due servitori dello Stato che non possono vantare un rapporto con la Pubblica amministrazione» e per i quali invoca il ricorso alla legge Bacchelli. La strada sulla quale probabilmente sta muovendosi anche il ministero: Nicola Macrì, dirigente del servizio generale Biblioteche del Mibact, annuncia che è partita la procedura per la concessione ai fratelli Berardi di un «particolare riconoscimento» che possa essere «risolutivo» per la loro situazione, ma non dice di più.
 
«Il titolo di Cavaliere ce l'ho incorniciato a casa. Intanto io mi trovo in una situazione drammatica, ho l'età della pensione ma dopo 46 anni di servizio effettivo in questo luogo che ho così tanto amato ne ho appena 18 di contributi. Non posso andare in pensione e al momento non mi hanno nemmeno ancora rinnovato il contratto». Dal ministero Macrì ci assicura che il contratto con l'agenzia interinale - ottenuto nel 2012 sempre grazie all'interessamento di Giovanni Melillo - sarà rinnovato in tempo, ma la signora Berardi è ormai stremata. «Ogni volta è una lotta anche per il rinnovo. La verità è che io a lavorare non ci voglio venire più. Mi viene da piangere ogni volta che arrivo qui in Biblioteca, non ce la faccio più a vedere tante cose che non vanno. Martedì è arrivato l'ultimo ordine di servizio con cui mi si chiede la catalogazione Sbn web, un metodo che io non conosco, per un fondo antico, tre scaffali della Sala Vico, che avevo già schedato su carta. Non sono una pedina, ho fatto la bibliotecaria con tante responsabilità, senza il nostro lavoro la biblioteca l'avrebbero trovata vuota. L'utopia di Tommaso Moro, la rara cinquecentina che Dell'Utri aveva detto di non riuscire più a trovare è tornata pochi giorni fa: i carabinieri l'hanno trovata nella biblioteca del Senato. Sono troppo stanca, ho fatto tanto per i Girolamini ma adesso davvero voglio andare in pensione. L'ultima volta che è venuto qui Franceschini mi disse lei è nei miei pensieri ma io sto in mezzo, tra la Congregazione e il ministero, a 67 anni precaria e senza pensione».

Una storia kafkiana quella di Mariarosaria Berardi. Dipendente della Congrega oratoriana dei frati Filippini che aveva la direzione e la Conservatoria dei Girolamini, nel 2012, rischiò di trovarsi senza lavoro insieme al fratello Piergianni e a Caracciolo, perché dopo lo scandalo i preti decisero di lasciare Napoli. Fu impossibile farli assorbire nella pubblica amministrazione - non avevano fatto alcun concorso e la stessa Mariarosaria non l'avrebbe potuto superare perché non le veniva riconosciuto il lavoro ultradecennale da bibliotecaria - grazie all'interessamento del procuratore Melillo si trovò per i tre la soluzione dei contratti a termine con l'agenzia interinale: retribuzione a giornata, 1600 euro mensili per Mariarosaria se fa il mese pieno, 1200 per il fratello, ancora meno per Caracciolo. In età per uscire dal mondo del lavoro la signora però non ha ancora presentato domanda di pensione quando ha scoperto che nei suoi contributi c'è una anomalia, nel periodo dal 1985 al 2011 e che il ministero, che attraverso la Tesoreria di Stato pagava i cedolini degli stipendi emessi dalla Congregazione non ha potuto sanare in quanto non essendo il titolare del rapporto di lavoro avrebbe rischiato la scure della Corte dei Conti. Il 5 novembre scorso, tra l'altro, la Corte d'appello di Napoli ha respinto il ricorso presentato dai Berardi condannandoli al pagamento delle spese.

Per Stefano Serao, avvocato della Congregazione oratoriana, la soluzione, però potrebbe non essere lontana: «Attraverso il riscontro dei capitoli di spesa - spiega è stata ricostruita tutta la storia: i contributi, così come gli stipendi sono stati sempre regolarmente pagati ma da un certo punto in poi non più comunicati perché la Congregazione non ha più spedito gli appositi moduli. Siamo ponti a fare queste comunicazioni, ci manca soltanto l'accesso al sistema informatico dell'Inps, siamo in attesa che ci venga fornita la seconda parte del Pin necessario. Un eventuale adeguamento della quota contributiva toccherà al ministero». «Ho incontrato i Berardo recentemente perché considero un dovere la mia attenzione e vicinanza. Se la situazione resta irrisolvibile - ribadisce il procuratore Melillo - l'unica strada è la Bacchelli». «I Berardo sono due preziosissimi collaboratori che hanno contribuito in modo determinante alla soluzione di una vicenda gravissima e la loro posizione è alla massima attenzione del ministero per garantirgli vita e dignità lavorativa. Il Mibact - dice Macrì - ha anche provato a cambiare la loro posizione ma la proposta è stata bocciata dall'Avvocatura di Stato. Il ministro si è impegnato per conferire loro un particolare riconoscimento». «La Bacchelli? Qualcuno ce ne ha parlato, non sappiamo nemmeno di quant'è il vitalizio. Non riesco a capire perché, dopo aver lavorato per una vita, non riesco ad avere una regolare pensione» si domanda con amarezza la Berardi.
 

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