L’artista entra al Mann e lascia la sua opera: «Ho hackerato il museo di Napoli» Video

Blase mentre lascia la sua opera al Mann
Blase mentre lascia la sua opera al Mann
di Gennaro Morra
Mercoledì 14 Novembre 2018, 19:47
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Si tratta naturalmente di una provocazione quella messa in atto dall’artista francese, Blase, che, una volta entrato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si è scelto uno spazio espositivo e ha lasciato lì la sua opera. La didascalia che accompagna il video, pubblicato ieri sulla sua pagina Facebook e che documenta l’incursione nel museo napoletano, parla di un’azione di hacheraggio, ma l’arte del parigino gioca continuamente con i concetti di finzione e realtà. Lo stesso oggetto che Blase poggia su due ganci fissati a una parete del Mann è un’opera dal titolo “Sarcasmo archeologico”, una pietra che proverrebbe dagli scavi di Pompei e su cui c’è scritto “Blase è un pezzo di merda”.
È ovviamente un falso, come potrebbe esser falsa anche l’azione di hackeraggio, una “visita” di cui i responsabili del museo potrebbero essere stati pienamente a conoscenza, anche se l'artista conferma che non ne sapessero nulla. Di certo c’è che Blase nelle scorse settimane era a Napoli, impegnato ad allestire la mostra “Non conforme all’originale”, esposizione di sue opere inaugurata il 23 ottobre al SuperOtium Art Hotel di via Santa Teresa degli Scalzi (ci resterà per 12 mesi), proprio a due passi dal Mann. Una collezione di ritratti antichi che il 38enne racconta di aver trovato e restaurato, ma aggiungendo un elemento della nostra modernità: uno smartphone, degli auricolari, un cappellino da baseball o la coroncina e la fascia di Miss Francia. E delle repliche di queste opere sono state affisse sui muri del centro storico con l’intento di suscitare interesse e stupore nei passanti.
 
Insomma, la modernità che contamina l’arte tradizionale, ridefinendone il senso, inserendo elementi che sono diventati icone dei nostri tempi. Un’operazione che sembra prendere ispirazione dalla Pop art, il movimento artistico nato a metà del ‘900, che si prefiggeva di trasformare in arte oggetti di largo consumo, che caratterizzavano la vita quotidiana. Di quel movimento l’esponente più famoso resta Andy Warhol, ma più di recente è del grafico giapponese, Shusaku Takaoka, la proposta più interessante: in grandi classici della pittura mondiale, come “Il bacio” di Klimt o “La camera da letto” di Van Gogh, ci finiscono personaggi storici, come John Lennon e Yoko Ono, o di fantasia, come Biancaneve e i sette nani. Collage d’arte che prima stupiscono lo spettatore e poi lo spingono a scomporre il mosaico, riportando i pezzi al loro posto. Un esercizio della mente che diverte e che dissacra i nostri usi e costumi più che i quadri presi dal passato.
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