«Le amiche geniali della Ferrante sono la storia della mia giovinezza»

«Le amiche geniali della Ferrante sono la storia della mia giovinezza»
di Giuliana Covella
Domenica 3 Giugno 2018, 08:30 - Ultimo agg. 14:19
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«Uh, Gesù! E chi gliele ha dette queste cose a quella?!». Così esclamò Nunzia (all'anagrafe Annunziata) Gatta, 77 anni a settembre, nata e cresciuta al rione Luzzatti, Napoli, leggendo per la prima volta L'amica geniale di Elena Ferrante. Romanzo nel quale si è riconosciuta e rivista: «Senza alcun dubbio è la mia storia», ammette, «un giorno mi chiamò mio fratello Giuseppe e, subito dopo, due amici per dirmelo. Leggendo il romanzo ne ebbi la conferma». Nunzia, che oggi vive in una villa a Licola, insieme al marito Pier Augusto con cui ha viaggiato in tutto il mondo, ha 4 figli e 11 nipoti nati nei più svariati Paesi (Australia, Cina, Svizzera, Etiopia, Arabia Saudita, Iran, Inghilterra). «I personaggi di Lenù e Lila sono in realtà un'unica persona: io. Solo che l'autrice li ha sdoppiati rimarcando i due lati della mia personalità», sostiene: «Nella prima ci sono la mia curiosità e voglia di arrivare ovunque malgrado le difficoltà, nella seconda la mia determinazione e l'essere vincente».
 
Nella quadrilogia destinata a diventare serie tv Nunzia, la cui mamma si chiamava... Elena, dice di rivedere quasi ogni singolo capitolo della sua vita, dall'infanzia alla giovinezza, trascorsa tra gli isolati della zona industriale di Poggioreale. A partire da una delle prime scene del libro, quando sboccia l'amicizia tra le due bambine che si arrampicano fino all'ultimo piano di una di quelle palazzine, dove vive don Achille, «l'orco delle favole»: «Anche io da piccola insieme alle mie amiche salivo lassù come prova di coraggio. Vinceva chi, sfidando la paura, riusciva ad arrivare in cima contando fino a 100. Ma l'orco era solo immaginario, noi bambini eravamo terrorizzati dai racconti degli adulti».

«Lila è a capo di una banda di ragazzine che picchia i maschi? Io ero l'incubo dei ragazzini del rione, li mettevo in fuga e difendevo le mie compagne graffiandoli e tirandolo loro i capelli», continua. E, come Lila, Nunzia si divertiva a lanciare sassi dal cavalcavia, che «nella realtà è il ponte della metropolitana di Gianturco, il confine da superare per andare verso il mare». Quello stesso mare che lei da piccola vedeva solo negli stagni descritti in L'amica geniale»: «Sono quelli in cui andavamo a prendere i ranocchi con le sciuscelle, le carrubbe e a immergere i piedi quando il caldo si faceva asfissiante». Tanti i parallelismi con la Ferrante: «Piccole donne era il mio romanzo preferito, ancor prima di essere quello di Lila». Poi la biblioteca, oggi Andreoli, «dove per leggere i libri avevo intestato più tessere a persone diverse, grazie al professor Collina, che nel libro diventa Ferraro». La salumeria? «Era attigua alla merceria della nostra famiglia». E la maestra Oliviero della finzione che «nella realtà è colei che mi spinse a proseguire gli studi contro il volere di mio padre. E i viaggi della protagonista «che, proprio come me, va in giro per il mondo». E «le tante sofferenze vissute dalle due protagoniste sono le stesse della mia infanzia e che ho rivisto in Africa, dove le bimbe tirandoti il vestito ti chiedono di andare a scuola». Ma Nunzia si rivede più in Lina che in Lenù: «Come lei volevo insegnare alle mie coetanee ad emanciparsi dagli uomini e non accettavo la difficoltà che nasceva dal mio essere donna in una società maschilista e patriarcale».

Nunzia, ricca di famiglia, ha speso intanto una vita in Africa, aiutando i bambini, lavorando con il Gma, organismo non governativo nato nel 1969. La sua storia è davvero quella di Lina e Lenù? Certo potrebbero essere solo coincidenze, chi si nasconde dietro la Ferrante potrebbe non aver mai saputo nulla di lei, che però di sice sicura di sapere anche com'è successo che la sua vita ha influenzato la scrittrice italiana più letta nel mondo: «Avevo tante amiche, qualcuna di loro ha raccontare le mie vicende sin da bambina. Forse proprio alla moglie di Domenico Starnone, Anita Raja, che nel rione aveva una zia».

Ora a raccontare quel rione, che nella tetralogia della Ferrante non viene mai menzionato, sono Maurizio Pagano e Francesco Russo, autori di I luoghi dell'amica geniale, in uscita con 70 foto su Amazon tra pochi giorni. «Siamo nati e cresciuti qui», dicono, «e confrontando i libri della Ferrante con alcune figure del quartiere, pezzo dopo pezzo, ne abbiamo ricostruito la storia». Il tutto condito da una storia inventata, ma non troppo, su una donna smemorata (ispirata alla Gatta) che - grazie a una vecchia foto - ritorna dove è nata.
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