Alberto Angela: «Io napoletano dentro, questa città è la mia oasi»

Alberto Angela: «Io napoletano dentro, questa città è la mia oasi»
di Marco Perillo
Mercoledì 27 Giugno 2018, 10:44 - Ultimo agg. 15:46
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«Non potete capire Napoli. Non capirete mai Napoli». È una delle emblematiche frasi di Curzio Malaparte in La pelle. Eppure c'è chi sembra averla capita fino in fondo, nella sua complessità e nelle sue contraddizioni, esaltandone e la bellezza e le radici ancestrali. È Alberto Angela, da ieri cittadino onorario della città partenopea. Un riconoscimento che rispecchia la volontà popolare, frutto di una petizione che il sindaco de Magistris ha colto in tempi brevi. Gremita la sala dei baroni del Maschio Angioino, soprattutto di giovani studenti che hanno circondato Alberto con un caloroso abbraccio collettivo, alla ricerca di selfie e autografi, applaudendo e trepidando per un volto noto della tv e della divulgazione scientifica che è anche un sex simbol.
 

Angela, come ci si sente da napoletano?
«Non sono riuscito a gestire l'emozione. Mi sentivo come uno sposo all'altare, ero preparato ma l'affetto e il calore mi hanno travolto. Qui c'è un'empatia diversa; avverti che la gente ti vuole bene veramente quando ti saluta».

Un affetto ricambiato.
«Ho sempre cercato, raccontando Napoli e dintorni, di fare un lavoro sincero, trasparente, ponendo l'accento soprattutto sulle persone, su un'umanità speciale».

Un'umanità che però ha anche molti problemi.
«E quale città al mondo non ne ha? Napoli è un fiore che ha un profumo più intenso degli altri, ma ha anche molte spine. Bisogna saperlo maneggiare. Napoli non è solo una città, ma una piccola civiltà che portata in un'altra parte del mondo resterebbe uguale. È un posto che ha mantenuto intatte le sue tradizioni, che riconosce ancora il valore della famiglia, dell'importanza delle relazioni, del parlare. La lingua napoletana è un modo per riconoscersi, per proteggersi, per dire Noi siamo qui».

A quando risale il suo primo approccio con la città?
«Ero un adolescente quando mossi i primi passi come oceanografo nell'acquario Anton Dohrn. Ricordo la professoressa Flegra Bentivegna, i suoi insegnamenti. Fu anche grazie a lei che feci della scienza la mia vocazione».

Poi da allora è tornato spesso.
«L'ultima volta ho festeggiato qui il mio compleanno esplorando la Galleria Borbonica con i miei figli. Un luogo che per me davvero rappresenta il piacere della scoperta. Abbiamo percorso 14 chilometri a piedi ma eravamo entusiasti. Capisci come in tempi di guerra la città abbia saputo arrangiarsi».

Segno di una civiltà-mondo.
«Un'oasi, la definirei. Anche lontano dalla città. Pensate che quando ero in Antartide la base italiana aveva tre cuochi di Napoli, ovviamente i migliori. Uno di loro l'ho incontrato oggi, a distanza di anni, con un affetto immutato».

Lei ha ricordato che Napoli è stata culla di cultura classica da sempre.
«E fino a essere una delle culle dell'Illuminismo. Segno ne è il San Carlo, primo teatro d'opera d'Europa. Non è certo un caso che sia qui».

Dove porterebbe, in città, un non napoletano?
«Al Mann, che considero il migliore del genere al mondo, terzo in una classifica internazionale alle spalle del Met e del British. Ho avuto la fortuna di visitare il suo caveau che fa capire quanto ancora si potrebbe esporre. Tra quelle meraviglie ho sentito le mie radici mediterranee. E detto da uno che è nato a Parigi, vissuto a Bruxelles e in giro per il mondo, è tanto».

Prima di premiarla, il sindaco ha parlato di città che non può lasciare morire chi affoga in mare.
«Non è mio compito occuparmi della questione. Ma dico una cosa: la storia si ripete. Bisogna mostrarla e raccontarla perché dal passato si può capire il presente e tracciare il futuro».

I flussi turistici negli ultimi anni stanno premiando la città. Cosa fare per mantenerli?
«C'è una risorsa fondamentale: sono i giovani. Ragazzi che non rinnegano o si disinteressano del posto in cui sono nati e si danno da fare per valorizzare i luoghi. Penso ai ragazzi della chiesa di Santa Luciella o alle cooperative del rione Sanità».

Come vede oggi Napoli il resto degli italiani?
«La percezione sta cambiando molto, si riconosce una saggezza che altrove si sta perdendo. È per questo che un personaggio come Pino Daniele è stato apprezzato da tutti gli italiani».

Prossimi lavori che riguarderanno Napoli e dintorni?
«Una delle prossime puntate di Super Quark racconterà il dietro le quinte del Mann. Poi il 22 settembre andrà in onda Una notte a Pompei. Senza dimenticare il ritorno di Ulisse, il sabato sera su Rai Uno; una sfida esaltante che vede protagonista il centro di produzione di Napoli».
 
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