Voto di scambio in chat a Torre del Greco: prime ammissioni dagli indagati

Voto di scambio in chat a Torre del Greco: prime ammissioni dagli indagati
di Dario Sautto
Mercoledì 27 Giugno 2018, 22:52 - Ultimo agg. 2 Aprile, 06:22
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Il condizionamento del voto a Torre del Greco sarebbe passato dalle chat di WhatsApp. Le prime conferme per gli investigatori arrivano dai messaggi – testo e audio – trovati sui telefonini sequestrati ai primi otto indagati (ora siamo a quota quindici), assunti prima delle elezioni per diventare operatori ecologici nel consorzio Gema, che gestisce l’appalto rifiuti. I primi riscontri stanno arrivando dagli interrogatori, durante i quali è stato contestato il contenuto di quelle conversazioni. Frasi specifiche, chiacchierate informali, indirizzi e compiti precisi che hanno confermato i primi sospetti sull’inchiesta che la Procura di Torre Annunziata sta coordinando da tre settimane. Nei giorni scorsi alcuni netturbini, assistiti d’ufficio dall’avvocato Edmondo Salernitano, hanno deciso di rispondere alle domande e di raccontare la propria versione dei fatti. Qualche indagato ha parzialmente ammesso gli addebiti, altri hanno provato a dare spiegazioni. Uno è scoppiato in lacrime per la tensione. 
 
La pratica per l’inserimento in graduatoria per le assunzioni alla Gema, avvenute grazie a Garanzia Giovani tramite un’agenzia interinale napoletana – la Da.Dif Consulting – sarebbe stata curata dal commercialista Simone Magliacano, consulente del lavoro, ex assessore dell’allora sindaco Ciro Borriello, iscritto anche lui nel registro degl iindagati e interrogato nei giorni scorsi. Proprio ieri, assistito dall’avvocato Romeo Del Giudice, anche lui ex primo cittadino di Torre del Greco, Magliacano «ha consegnato spontaneamente» il suo telefonino nelle mani degli inquirenti. Arrivato negli uffici della Procura, ha chiesto che venisse acquisito anche il suo cellulare, con audio e chat che lo scagionerebbero. La tesi è semplice: «Non c’è stato voto di scambio, ho solo aiutato un amico candidato, pagando alcuni netturbini per l’affissione dei manifesti». Cento euro ciascuno a sei persone – tutte assunte da Gema – per «i manifesti elettorali e anche della nostra società sportiva». Un racconto che, però, contrasta con i primi riscontri dei carabinieri di Torre del Greco, che indagano coordinati dal procuratore Sandro Pennasilico e dall’aggiunto Pierpaolo Filippelli su una complessa operazione che avrebbe inquinato l’ultima tornata elettorale nella città del corallo. 

Proprio dai telefonini dei netturbini, infatti, erano venuti fuori messaggi eloquenti sulla compravendita di voti. Assunti per sei mesi con stipendio da 500 euro, si sarebbero mossi tutti per convogliare alcune centinaia di voti – questa è l’ipotesi – su due candidati al consiglio comunale, entrambi in sostegno del neoeletto sindaco Giovanni Palomba. I due candidati, al momento, non sono stati né ascoltati né raggiunti da avviso di garanzia, ma non è escluso che possano essere invitati a comparire in Procura nei prossimi giorni. L’obiettivo degli inquirenti è poter concludere la prima parte delle indagini prima che si proceda alla proclamazione degli eletti, così da evitare eventuali (e ulteriori) scossoni post elettorali. 

Con l’inchiesta della magistratura sul presunto condizionamento del voto e ben quindici persone iscritte nel registro degli indagati (con l’ipotesi di reato che spazia dall’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa del voto, voto di scambio e altri reati) non si placano le polemiche sulle elezioni anche sugli altri fronti. Il riconteggio delle schede sarà il primo passo per arrivare, poi, alla proclamazione degli eletti con due scranni ancora in bilico. Da questa mattina l’Ufficio Elettorale Centrale di Torre del Greco, presieduto dal giudice Angelo Scarpati, passerà nuovamente in rassegna le schede del primo turno, tenendo conto delle preferenze espresse dai torresi per i singoli candidati della Carovana del Buongoverno, la coalizione che ha condotto Giovanni Palomba alla vittoria. Sotto la lente d’ingrandimento del magistrato finiranno, in particolare, le liste 20 e 22, Ci Vuole Coraggio e Dai (Diritti agli Italiani), oggetto di diversi reclami da parte degli stessi candidati che lamentano errori nell’assegnazione di alcune preferenze. La civica Ci Vuole Coraggio porta in aula 4 consiglieri (Vittorio Guarino, Gaetano Frulio, Ciro Accardo e Annalaura Guarino) ma la prima dei non eletti, l’avvocato Luisa Liguoro, è fuori per soli 30 voti. «Sospetto che le schede di un’intera sezione non siano state contate – l’istanza depositata dal legale per chiedere il riconteggio – Non mi muove l’interesse per la poltrona, l’obiettivo è fare chiarezza sui voti espressi dai torresi». Ancora più risicato lo scarto tra il secondo consigliere eletto e il primo dei non eletti nella civica Dai: a Palazzo Baronale in quota Diritti agli Italiani ci saranno Michele Langella e Salvatore Gargiulo che, però, ha ottenuto soltanto 5 preferenze in più al miglior perdente Giosuè Cirillo, che ora chiede una verifica delle schede. Se dovessero avere ragione Cirillo e Liguoro potrebbero essere ripescati, modificando così la composizione del consiglio comunale torrese. 

Sarà un lavoro delicatissimo che terrà la Commissione Elettorale impegnata almeno fino alla metà di luglio. Poi, salvo imprevisti, si procederà alla proclamazione dei consiglieri comunali eletti. Ma nel frattempo, la città che ha fatto registrare il maggiore astensionsismo in Italia resta con il fiato sospeso, tra indagini e ricorsi che potrebbero modificare – se non cancellare – l’esito del doppio turno elettorale.
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