Violenza contro le donne: a Napoli
arriva il braccialetto elettronico

Violenza contro le donne: a Napoli arriva il braccialetto elettronico
di Maria Pirro
Sabato 24 Novembre 2018, 08:58 - Ultimo agg. 16:08
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Oltre la metà ha figli, bambini o adolescenti, una su tre è straniera, ma la maggior parte delle vittime di mariti ed ex abita nel Mezzogiorno. E, prima di denunciare, aspetta. E, dopo aver chiesto aiuto, capita che faccia un passo indietro, spinta dalla paura.
 


È l’identikit delle donne che si sono rivolte ai centri anti-violenza nel 2017, la prima fotografia scattata dall’Istat (con il dipartimento per le Pari opportunità, le Regioni e il Cnr) che mostra il volto fragile di un paese, dove le tutele sono crescenti, ma ancora carenti. Non a caso, il generale di brigata Maurizio Stefanizzi, comandante della legione carabinieri Campania, presenta questa mattina alcune novità operative, tra cui l’applicazione del braccialetto elettronico per controllare gli aggressori. 
 
 

LE CIFRE
I numeri parlano chiaro: quasi cinquantamila donne, per l’esattezza 49.152 nel 2017, si sono rivolte a una struttura per ottenere sostegno.  Quasi trentamila, 29.227 pari al 59 per cento, hanno iniziato un percorso. In particolare, fra quelle prese in carico, il 64 per cento ha figli e per il 27 per cento sono straniere. Quanto alla dislocazione dei 253 centri anti-violenza, il 34 per cento si trova nel Meridione, il 22 per cento nel Nord-Ovest, il 20 per cento nel Nord-Est, il 16 per cento nel Centro e l’8 per cento nelle due Isole. Tutti i centri garantiscono ascolto e accoglienza, quasi tutti (il 99 per cento) offrono anche assistenza legale, il 98 per sostegno psicologico, il 95 predispone un percorso di allontanamento, il 94 per cento orientamento al lavoro, l’87 per cento provvede all’alloggio e l’81 per cento anche ad aiuti ai figli minori. Ma non basta, non può bastare. Sono, infatti, 3100 le vittime dal 2000 a oggi, più di tre a settimana. Una ogni 72 ore. «Quest’anno siamo arrivati a 106 femminicidi, 106 donne a cui è stata tolta la vita per mano di chi dovrebbe amarle. A tutto questo dobbiamo ribellarci», dice Laura Boldrini, deputato di LeU, annunciando la sua partecipazione al corteo organizzato a Roma da “Non una di meno”, per il terzo anno consecutivo, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne contrassegnata dal colore arancione, usato anche per illuminare i palazzi delle istituzioni. 

LE INIZIATIVE
All’Onu quest’anno il tema è “Orange the World” con l’hashtag #HearMeToo”, «un forte richiamo alle forze dell’ordine, poiché è sbagliato che la stragrande maggioranza di chi commette violenze non subisca conseguenze», afferma la direttrice esecutiva di Un women, phumzile Mlambo-Ngcuka. «Nel momento in cui una denuncia non ha l’adeguata considerazione da parte nostra, noi facciamo un duplice delitto, sia nei confronti di quella donna sia perché lanciamo un messaggio devastante in termini di prevenzion», avverte il capo della polizia Franco Gabrielli. E l’ex presidente della Camera annuncia: «Sto preparando una proposta di legge per rivedere i termini per presentare querela nei casi di violenza o stalking. Oggi sono troppo brevi - sei mesi dall’accaduto - e sembrano andare più a vantaggio dello stupratore che della vittima». Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, sostiene: «È fondamentale attivare i numeri verdi anti-violenza in ogni Comune».

Ma sessismo e abusi sessuali non risparmiano le donne nemmeno nel Parlamento europei, come dimostra una ricerca pubblicata dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e dall’Unione interparlamentare. Scende in campo anche l’Arcigay con l’iniziativa “Nessun controllo sul mio corpo...”: sei istantanee senza volto perché «la violenza sulle donne lesbiche, bisex, trans, intersex- spiega Natascia Maesi, a nome dell’associazione - colpisce tutte le altre, non guarda in faccia nessuna, calpestando i diritti di tutte».

Un’indagine realizzata ScuolaZoo, la community online di studenti, e da Terre des Hommes, mostra che i ragazzi sono consapevoli dei rischi che si annidano anche nella rete.
Ma sui social in queste ore spopolano pure i volti della campagna #nonènormalechesianormale voluta dalla Camera dei deputati. La vicepresidente Mara Carfagna esulta: «È un bellissimo segno che la ministra per la salute Giulia Grillo abbia aderito. E anche attrici, attori e giornalisti continuano a postare tra gli altri, Stefania Rocca, Enrica Bonaccorti, Edoardo Leo e Cristina Parodi». Intervenendo ad Agorà, anche l’esponente di Fi sollecita una stretta: «Sono contraria all’abuso della carcerazione preventiva. Ma penso che nel caso dello stalking possa essere invece uno strumento indispensabile».

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