Vigilantes ucciso nella metropolitana di Napoli, le risate dei minori: «Non ci fanno nulla»

Vigilantes ucciso nella metropolitana di Napoli, le risate dei minori: «Non ci fanno nulla»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 22 Ottobre 2018, 07:00
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Ridono quando si passano la consegna del silenzio, quando si spalleggiano e si rafforzano a vicenda. Gli uni con gli altri si incoraggiano, poi sorridono e quando tutto va male c'è chi si atteggia a fare l'avvocato. Parla Ciro U.: «Tanto non ci fanno nulla», sapendo bene che con i minori la legge italiana è decisamente morbida. Una frase che viene raccolta da un altro del gruppo, tra parole bisbigliate bollate come incomprensibili e gesti mimati all'amico che sta seduto di fronte. È il momento di Kevin A., che si mette a fare l'avvocato, forte di nozioni tecniche che deve aver appreso in casa o in strada, insomma all'ombra delle palazzine costruite con i fondi post terremoto a Chiaiano: «Ora vediamo il giudice cosa vuole fare, lo sfogo di legge, tre o quattro mesi e siamo fuori...».
 
Ma al di là delle parole, conta l'atteggiamento, almeno agli occhi di chi scrive l'informativa di polizia giudiziaria: «Ridono», sottolinea più di una volta uno degli inquirenti. È il 16 marzo scorso, quando i tre assassini di Francesco Della Corte sono all'interno della stazione di polizia di Chiaiano. Hanno ridotto in fin di vita un uomo di 51 anni, colpito alle spalle senza motivi mentre svolgeva il proprio lavoro di metronotte, tanto per riempire il nulla di una notte trascorsa a fumare gli spinelli. Sono in tre: Luigi C., Ciro U., Kevin A. e hanno da poco confessato, messi alle strette dalle indagini dei poliziotti di Scampia e di Chiaiano, di fronte al video che li ritrae mentre scappano dopo l'aggressione. Di lì a qualche ora Francesco Della Corte morirà in un lettino di ospedale dopo un paio di settimane di coma, ma il rischio di aver ammazzato un uomo non sembra turbare più di tanto quelli del gruppetto di Chiaiano. Ci sono anche altri ragazzi assieme ai reo confessi, si mostrano divertiti per quella esperienza da sospettati, ben sapendo che i tre aggressori hanno confessato. Le voci si accavallano e si sente un poco gratificante «speriamo che non schiatta», a proposito del rischio morte del vigilante. Non sanno di essere intercettati, non sanno di avere una telecamera puntata addosso che sta immagazzinando ogni loro gesto, tanto da decifrare anche il labiale delle parole bisbigliate. Frasi e immagini oggi depositate nel corso del processo per l'omicidio del vigilantes Della Corte (la cui famiglia, difesa dall'avvocato Marco Epifania, punta a costituirsi parte civile), in vista della prima udienza fissata il 23 gennaio dinanzi al Tribunale dei Minori.

Pagine che grondano indifferenza per una vita spezzata, per un uomo colpito alle spalle senza un motivo. Per gli inquirenti si è trattato di un omicidio a scopo di rapina (la pistola), ma il movente economico non viene sostenuto dai tre piccoli assassini. Spiega Luigi C., uno dei primi a confessare: «Erano le tre di notte, trovammo la cornetteria chiusa, avevo degli spinelli, forse preso dall'euforia decidemmo di aggredire il vigilante che ogni notte passava all'esterno della metropolitana». Assieme a Kevin e (in posizione defilata) ha inizio l'aggressione a colpi di piedi di tavolino trovati nei rifiuti. Un'aggressione che finisce solo quando i tre si rendono conto che a terra quell'uomo rantola come se stesse «russando», tanto da spaventare gli stessi assassini che a questo punto tagliano la corda. Dopo essere stato interrogato Ciro U. se la prende con gli amici: «Io ho detto che gioco a pallone, se dici qualcosa ti schiatto la testa». Difeso dal penalista Antonino Rendina, il ragazzo in un secondo momento ammetterà di aver fatto parte del gruppo, senza impugnare però un'arma e senza partecipare all'aggressione. Agli atti c'è anche una dichiarazione di un dirigente della «Chiaiano Brothers», che definisce Ciro come uno «dei pilastri» della squadra, sempre presente negli allenamenti e sempre pronto ad aiutare il prossimo. Intercettato anche Luigi C. (difeso dal penalista Mario Covelli), che entra nella stanzetta in modo spavaldo e si mostra preoccupato solo quando Kevin A. (difeso dall'avvocato Antonella Franzese) gli racconta di aver visto il video: «Il video mi ha preso di faccia, poi venivate tu e Ciro». Attimi di preoccupazione, poi un'alzata di spalle e una risata: «Tanto non ci possono far nulla...».
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