Vigilante ucciso a Napoli, uno dei ragazzi: «Mi ricordava mio padre, non riuscii a colpirlo»

Vigilante ucciso a Napoli, uno dei ragazzi: «Mi ricordava mio padre, non riuscii a colpirlo»
di Viviana Lanza
Mercoledì 21 Marzo 2018, 10:16
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«Mi ricordava mio padre, non riuscii a colpirlo». Uno dei minorenni ha raccontato così l'unico momento di esitazione avuto nella notte di violenza che il 3 marzo scorso si concluse con il massacro di Francesco Della Corte, la guardia giurata 51enne uccisa a bastonate davanti alla metropolitana di Piscinola. Un dettaglio che non sminuisce la posizione del ragazzo nell'inchiesta, non alleggerisce il peso delle responsabilità. Omicidio aggravato dalla crudeltà e tentata rapina sono le accuse per tutti e tre gli indagati. Volevano la pistola della guardia giurata per venderla, hanno raccontato, ma quando il giudice, durante l'interrogatorio, gli ha chiesto «ma venderla a chi?», i ragazzi hanno alzato le spalle: «Non lo so, non lo sapevamo».
 



Ieri è stato il primo giorno che hanno trascorso in carcere. C., 17 anni, la promessa del calcio che nella dinamica confessata da tutti e tre gli indagati è colui che rimase indietro di alcuni metri a osservare i compagni che compivano il massacro, è stato trasferito nel carcere di Airola. Gli altri due, K., 16 anni compiuti il giorno prima di finire in manette, e L., 15 anni, il più giovane e spregiudicato del gruppo, sono nel penitenziario minorile di Nisida.
«Posso parlare con il cappellano?» è stata la prima richiesta di uno dei minorenni. «Ci sarà modo di frequentare un corso di calcio?» la curiosità di un altro dei ragazzi, quasi come a voler cercare qualcosa che accorciasse, anche idealmente, la distanza con il mondo fuori, quello che è stato il loro mondo fino all'arresto. Quello della casa e degli amici, delle foto in posa sui social, delle giornate trascorse senza meta in giro per il quartiere, anche fino all'alba. Come accadde la notte del 3 marzo. Quel mondo che adesso è fuori, mentre loro sono dentro, in una cella. A meditare, si spera, sulla gravità del gesto compiuto.

Impossibile pensare nell'immediato a una misura cautelare alternativa alla detenzione. Il reato è troppo grave. Lo ha evidenziato anche il giudice Pietro Avallone che al termine dell'udienza di convalida di lunedì ha firmato il provvedimento di custodia cautelare in carcere per i tre minorenni, definendo le loro personalità «facilmente inclini ad azioni gravi per fini devianti, scelti con stupefacente superficialità». Tra 50 giorni sarà depositato il risultato dell'esame autoptico sul corpo della guardia giurata. Nessuno degli indagati ha nominato un proprio consulente. La perizia è affidata agli esperti nominati dalla Procura e ai consulenti dei familiari della vittima (assistiti dagli avvocati Marco Epifania e Gennaro Galantuomo). Il percorso dell'inchiesta, per il resto, sembra già tracciato. Alla luce della confessione resa dai tre indagati al pm Ettore La Ragione e degli elementi raccolti dagli agenti del commissariato di Scampia guidati dal dirigente Bruno Mandato, lo step successivo al deposito della relazione dei medici legali potrebbe essere con molta probabilità la richiesta di giudizio immediato.

 

Per i tre minorenni sotto accusa si prospetta, dunque, un processo lampo, rapido come sono stati i tempi delle indagini che hanno consentito di dare presto un nome ai ragazzi ripresi la notte del 3 marzo mentre, impugnando come armi i piedi in legno di un tavolo trovato nell'immondizia, si avventavano sul vigilante che stava chiudendo il cancello della metropolitana.
Il rito abbreviato potrebbe essere una strada processuale da valutare con i propri difensori (nel collegio, gli avvocati Luigi Bonetti, Antonella Franzese, Antonino Rendina e Diana Santucci) e se la condotta in carcere sarà irreprensibile i tre potrebbero sperare in una misura alternativa al carcere dopo aver scontato circa due terzi della pena. Il presente e l'immediato futuro, invece, per loro è il carcere, con il supporto di un educatore e uno psicologo. Uno dei ragazzi ha espresso la volontà di scrivere una lettera ai familiari della vittima. La prossima settimana ci sarà l'incontro con i genitori, il primo colloquio dietro le sbarre.
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