Napoli. Un museo delle torture per «far sentire meglio» i napoletani

Napoli. Un museo delle torture per «far sentire meglio» i napoletani
di Francesca Cicatelli
Venerdì 26 Febbraio 2016, 13:02
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"Napoli è l'unica città che si è ribellata all'Inquisizione. Con un museo vogliamo ricordare quanto è avanti il popolo napoletano e diverso dagli altri". La prima cosa che viene da chiedersi vedendo il neo museo delle torture, inaugurato da 5 giorni a Napoli, è perché proprio qui. Ebbene tutto nasce non dalla passione per il sadismo dei due soci, Oscar Mattera e Paolo Lupo, due sessantenni con un passato nella ristorazione, nel mondo dell'intrattenimento notturno e nel commercio, che hanno messo in piedi questo museo privato bensì dall'amore dei due per Napoli, città in cui non ha attecchito l'inquisizione. Diventati amici per caso in un ristorante durante la Pasqua di tre anni fa,  hanno scoperto di avere in comune una passione per oggetti sconosciuti legati alle torture. Sono oltre 60 i pezzi rintracciabili a vico Luciella ai Librai e sono in costante crescita.
 



Il museo è stato concepito su due livelli, con le segrete più cupe. Una musica di sottofondo accompagna nella visita su tappeti rossi assicurando l' effetto emotivo. E' servito un anno per rintracciare la location adatta e sei mesi per allestirla. Non sono molti i musei di questo genere in Italia, ad eccezione di quello allestito da Lorenzo Cantini a San Marino, uno a San Gimignano, uno a Pescasseroli nonché il lillipuziano, con i suoi 20 reperti ad Ischia nel Castello Aragonese ad opera dello stesso Mattera. Inizialmente il polo sarebbe dovuto sorgere nella zona di San Martino ma poi si è pensato che la collocazione migliore fosse nel Centro Storico.  A custodirlo Mosè Mingione ex fotografo, ex barman e ora artigiano di borse e pastori, figura enigmatica dalla storia poliedrica.  
 
"Inutile conservare questi cimeli in un deposito - raccontano i due titolari - ora questi oggetti comunicano e insegnano. La passione per le torture ci affascina perché aiuta a comprendere le aberrazioni della mente umana così da migliorarci". Oscar e Paolo sono andati per biblioteche, mercatini e vecchi casolari per documentarsi ma soprattutto per rintracciare materiali. Gli strumenti di tortura non hanno valore economico ma solo storico e si sono conservati "proprio grazie all' ignoranza della gente che li ha abbandonati in scantinai o venduti ai mercatini credendo che non avessero un valore o un utilizzo" raccontano i due.  
Intanto si sta pensando di inserire anche la ghigliottina ma sembra che i soffitti, piuttosto bassi, non lo consentano.  

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