Un impero con l'ecomafia:
caccia al tesoro dei Pellini

Una villa della famiglia Pellini
Una villa della famiglia Pellini
di Pino Neri
Venerdì 24 Novembre 2017, 08:59
3 Minuti di Lettura
Acerra. Non finisce mai di sorprendere per vastità e complessità l'impero dei Pellini, i monarchi assoluti del traffico di rifiuti nell'area metropolitana di Napoli, condannati a maggio in via definitiva per disastro ambientale. Gli investigatori sono ancora a caccia di tesori occultati in giro per il mondo, probabilmente in qualche paradiso fiscale. Secondo indiscrezioni esisterebbe infatti una cassaforte piena di lingotti d'argento e di milioni di euro in contante, occultata in uno di quei piccoli staterelli europei dell'offshore, forse nella vicinissima Repubblica di San Marino. Rimane il forte sospetto degli inquirenti che esistano altre ricchezze rimaste abilmente nascoste. Un sospetto sorto dopo il sequestro ottenuto a febbraio dalla Dda di Napoli di 250 fabbricati, 68 appezzamenti di terreno, 50 tra auto, moto di lusso e autoveicoli industriali, 49 rapporti bancari e 3 elicotteri. Tutti beni intestati appunto ai fratelli di Acerra Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini, quest'ultimo ex maresciallo del nucleo informativo dei carabinieri di Napoli. Un ben di Dio intestato anche a mogli e suoceri. I dubbi sull'esistenza di altri patrimoni rimasti nascosti sono stati alimentati successivamente soprattutto dalla scoperta, il 5 ottobre da parte del Gico della Guardia di Finanza, di un tesoretto di 2milioni e 2mila euro, danaro liquido intestato alle consorti dei re Mida degli scarti tossici interrati in provincia di Napoli.
 
Si profila perciò all'orizzonte una cruciale battaglia giudiziaria, quella che inizierà con l'udienza del 22 gennaio prossimo al tribunale di Napoli, chiamato a decidere sulla confisca dell'immenso patrimonio accumulato dai Pellini questa è l'accusa - con lo smaltimento illecito dei veleni del nord Italia, ma non solo del nord, nei terreni di Terra dei Fuochi. «Siamo pronti - preannuncia l'avvocato Francesco Picca, uno dei legali dei fratelli Pellini - a un lungo braccio di ferro, che durerà alcuni mesi». Per il momento, scorrendo l'elenco dei beni sequestrati dalla sezione misure di prevenzione del tribunale, su richiesta dei pm della Dda, emerge in particolare il dato che i Pellini si fidassero poco dei prestanome. I nababbi dello smistamento dei rifiuti, attualmente in carcere, preferivano gestire in famiglia il patrimonio di oltre 200 milioni di euro venuto allo scoperto con l'inchiesta fiscale sviluppatasi parallelamente a quella penale. Milioni quasi tutti reinvestiti peraltro nella maniera più classica, nel mattone. Case, case e ancora case, ville, palazzi. Anche nelle località turistiche tra le più rinomate: otto appartamenti a San Felice Circeo, 10 ville a Santa Maria del Cedro, una villa di oltre 800 metri quadrati coperti ad Agropoli e 10 case a Tortora, a poca distanza da Praia a Mare. Per non parlare dei tre grandi appartamenti di Roma: due in viale Medaglie d'Oro, alle spalle del Vaticano, e uno in piazza Cinecittà.
Ma l'elenco degli alloggi residenziali sotto sequestro ad Acerra sembra non finire mai. Oltre alle tre enormi ville in cui tuttora vivono le rispettive famiglie dei fratelli Pellini, ci sono altri 144 appartamenti intestati ai re Mida dei rifiuti e alle loro mogli. Altri 14 si trovano a Caserta e sei a Pomigliano, sul centrale corso Vittorio Emanuele. Ci sono pure una pasticceria di Marigliano e un distributore di benzina di Ceprano, in provincia di Frosinone. I terreni agricoli, infine, sono immensi. Moltissimi. Cingono tutta la parte occidentale e settentrionale di Acerra: località Lenza Schiavone, Lenza Fusaro, Sagliano, Tappia, Ponte di Napoli, vicino all'ospedale Villa dei Fiori. Però è sensazione diffusa che l'elenco sia destinato ad allungarsi nei prossimi mesi. «Ci risulta - racconta Alessandro Cannavacciuolo, ambientalista di Acerra e grande accusatore al processo Carosello Ultimo Atto - che familiari dei Pellini sono stati affidatari di diversi incarichi pubblici, anche sul nostro territorio. Per cui noi attivisti della Terra dei Fuochi siamo convinti che il sistema creato da questi signori dei rifiuti sia molto più grande di quello finora scoperto, tanto più che sono loro, finora, gli unici ad aver pagato la grave colpa di aver inquinato la provincia di Napoli».
Dei 32 imputati al processo Carosello Ultimo Atto (rifiuti tossici mascherati da innocui scarti attraverso un complicato giro di bolla) sono stati condannati in via definitiva e quindi tradotti in carcere soltanto i tre fratelli Pellini. Gli altri, imprenditori, tecnici del Comune di Acerra e due carabinieri sono stati assolti o hanno beneficiato della prescrizione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA