Lia, 20anni sui marciapiedi di Napoli
​vita da trans tra la strada e i no

Lia, 20anni sui marciapiedi di Napoli vita da trans tra la strada e i no
di Oscar De Simone
Lunedì 22 Maggio 2017, 20:08 - Ultimo agg. 26 Maggio, 13:44
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Occhi lucidi, sguardo fisso nel vuoto e voce tremolante. In questo modo Lia, una trans che da vent’anni batte i marciapiedi di Agnano, parla della sua storia. Una vita passata tra il buio di una strada desolata e il vuoto di una esistenza fatta di rifiuti. Da troppo tempo, racconta, vive la notte di uno dei quartieri più difficili della città e con lei adesso, ci sono anche altre trans. «Non hanno ancora idea di cosa sia questa vita», sussurra. «Io sono in strada da che avevo vent’anni e vivo da tempo in questo inferno. Nessun posto è più insicuro e pieno di pericoli di Agnano, neanche piazza Garibaldi».
 


Proprio qui infatti, da tempo si registrano omicidi ed aggressioni ai danni delle trans e delle prostitute. Antonia Osaf, lucciola nigeriana uccisa lungo via Terracina e «piccola Ketty», trans 62enne assassinata in viale giochi del Mediterraneo, sono solo le ultime due vittime di una violenza che ormai appare sempre più incontrollata. «Conoscevo piccola Ketty - continua Lia - e la sua morte è stata l’ennesimo colpo per me. Perché ormai vivo una vita di affanni e di negazioni. Quella è stata una delle sere più tristi della mia vita e non auguro a nessuno di vivere simili vicende».

Oltre 3.000 sono i trans che oggi vivono nel capoluogo partenopeo e che intrecciano le loro vite con storie di abbandono e di degrado sociale. Da tempo ognuno di loro, riceve supporto dal comitato territoriale di Arcigay Napoli che fornisce sostegno ed aiuto ai ragazzi ed alle ragazze in difficoltà. «Napoli in questo momento - commenta la delegata alle politiche trans Daniela Lourdes Falanga - è una realtà seconda solo a quella di Rio de Janeiro in Brasile. Non esiste in Europa una città tanto ricca e tanto pericolosa come la nostra. Le difficoltà per le nostre trans sono innumerevoli e sempre più di frequente dobbiamo aiutarle a uscire fuori da situazioni critiche. L’80% di loro, finisce con l’essere rifiutata dalle proprie famiglie ed è così che inizia il calvario. Dopo il rifiuto c’è la strada e dunque una vita fatta di violenza e solitudine. Questo dato però, lo registriamo solo qui e questo è veramente allarmante. Al nord infatti, la percentuale cala drasticamente tra il 20% ed il 30%».

Una sorte che non sembra riguardare tutti: qualcuno come Sara Carbone ce l'ha fatta. Ha abbandonato i locali e ora è la prima trans napoletana a gestire un centro di aiuto per minori a rischio in una chiesa. Daniela Lourdes Falanga, sottolinea però che la vita è più facile specialmente per chi effettua la transizione da donna a uomo. «In quel caso, è come se agli occhi degli altri il corpo non fosse tanto diverso. Purtroppo però, parecchi di loro finiscono nelle maglie della delinquenza e questo certamente è scoraggiante. La loro situazione è già difficile da un punto di vista sia fisico che psicologico ed in molti casi a mancare è proprio il supporto delle istituzioni che sembrano quasi ignorare tali realtà».

Il comitato Arcigay partenopeo, proprio nell’ottica dell’aiuto e del supporto psicologico, ha da tempo messo in campo reti di specialisti che in vari momenti ed in diversi incontri, sostengono e facilitano i giovani nel lungo percorso di transizione di genere. «Abbiamo messo a disposizione di tutti il nostro aiuto», racconta il professore ordinario di psicologia clinica della Federico II Paolo Valerio. «Presso il nostro ateneo ad esempio, è già possibile – prima ancora di aver effettuato il cambio anagrafico – essere chiamati per “alias”, con il loro nuovo nome. E questo è già un primo passo importante. Purtroppo in una società conservatrice e tradizionalista come la nostra, non è ancora facile accettare il fatto che l’identità sessuale non necessariamente deve tener conto degli aspetti biologici definiti alla nascita. L’identità di genere si definisce nel corso dei primi anni di vita e dipende da diversi fattori relativi alla famiglia o al contesto sociale».

E continua: «Le problematiche con cui i transgender sono costretti a confrontarsi sono molteplici.
Dal rifiuto dei propri cari alle difficoltà di relazione ed integrazione nella nostra società, ancora così poco pronta all’accettazione. Ma non solo. Anche trovare un lavoro per le nostre ragazze trans è una impresa impossibile. Vengono rifiutate e nella maggior parte dei casi anche insultate o derise in fase di colloquio. Stessa cosa poi, vale anche per i più giovani che di frequente sono vittime di azioni di bullismo. Proprio per far fronte anche a queste situazioni abbiamo creato un sito internet (www.bullismoomofobico.it) a cui è sempre possibile rivolgersi per denunciare qualsiasi situazione di violenza. Con il nostro lavoro e quello dell’osservatorio nazionale sull’identità di genere, cerchiamo sempre di rimanere al fianco di chi oggi vive la propria vita combattendo contro pregiudizi e maltrattamenti. La cosa fondamentale che cerchiamo di far capire a tutti, è che accettare gli altri vuol dire in primo luogo accettare se stessi e mettere al centro della propria vita il bene comune».

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