Strage del venerdì santo a Torre:
30 anni dopo arriva la sentenza

Strage del venerdì santo a Torre: 30 anni dopo arriva la sentenza
di Dario Sautto
Mercoledì 26 Aprile 2017, 23:50 - Ultimo agg. 21 Marzo, 09:23
3 Minuti di Lettura
Trent’anni dopo, una lunga scia di sangue ha dei responsabili. Una sentenza di primo grado è stata emessa, ma le condanne superano di poco i 50 anni totali per i 5 imputati finiti a processo. E addirittura un 46enne e un 43enne dovranno essere giudicati separatamente - dal tribunale dei minori - perché all’epoca dei fatti erano dei ragazzini finiti tra le fila della camorra di Torre del Greco e dintorni. Stavano emergendo i Falanga di Peppe ‘o struscio, i Gionta già avevano un ruolo dominante a Torre Annunziata, i Gallo di Pasquale ‘o bellillo si erano già scissi.

In un quadro camorristico in evoluzione e legato principalmente ad alleanze poco durature e dettate tra pro e contro la Nco di Cutolo, si aprì una faida di camorra per il controllo degli affari illeciti a Torre del Greco, con interessi trasversali e decine di morti che ancora non avevano dei responsabili. Le indagini della Dda, condotte anche grazie ai tanti vecchi collaboratori di giustizia, stanno portando alla chiusura di diversi «cold case».
 Uno dei processi su una quindicina di omicidi irrisolti si è tenuto dinanzi alla terza sezione della Corte d’Assise di Napoli (presidente Carlo Spagna) ma, con molti killer deceduti, alla sbarra c’erano ex capi della vecchia camorra e personaggi che hanno rivestito ruoli attivi in quel periodo. In tre ormai sono pentiti di aver militato tra il clan Gargiulo e il clan Gallo-Cavalieri, hanno scontato anni di carcere e collaborano da tempo con la giustizia. È il caso di Patrizio ed Eugenio (Gegè) Gargiulo e di Carlo Umberto Cirillo, che hanno aiutato gli inquirenti a risolvere diversi omicidi avvenuti durante quella faida di camorra. E poi ci sono Amodio Malvone e Antonio Quartuccio, che hanno ammesso di aver preso parte ad alcuni agguati e hanno ottenuto anche loro i benefici e le attenuanti previste per i collaboratori. 

Un’epoca buia, quella tra il 1986 e il 1991, culminata con la strage del venerdì Santo, avvenuta il 1° aprile 1988 alla Taverna del Buongustaio di Torre del Greco. Lì era in corso una cena e il commando omicida entrò in azione, uccidendo per primo Domenico Di Donna, un cameriere del locale che si trovò per caso sulla traiettoria dei proiettili. Poi furono ammazzati Antonio La Rocca, alias Tonino ‘a Maronna, e Ciro Fedele. Infine, uno dei killer rincorse Salvatore Magliulo in strada e lo uccise. Una strage voluta per vendicare la morte di Vincenzo Gargiulo, fratello del boss Gegè. Furono usate due pistole, una calibro 38 ed una 357 magnum poi buttate in mare dopo l’azione, ed un fucile, che fu ritrovato e sequestrato dalla polizia. Fu proprio Patrizio Gargiulo a fornire le armi ai killer: ex imprenditore, si era lasciato trascinare nel gruppo criminale dai fratelli, prima imponendo il pizzo a ditte più grosse che vincevano appalti in zona, e poi partecipando direttamente anche agli omicidi.

Continua a leggere su Il Mattino Digital


 
© RIPRODUZIONE RISERVATA