Mamma coraggio uccisa, il boss tradito dallo stipendio alla famiglia del killer

Mamma coraggio uccisa, il boss tradito dallo stipendio alla famiglia del killer
di Dario Sautto
Sabato 20 Ottobre 2018, 12:00 - Ultimo agg. 17:13
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TORRE ANNUNZIATA - «Ho avuto ragione ad avere fiducia nella giustizia, ma preferisco non parlarne per non riaprire queste ferite». Salvatore non vive più a Torre Annunziata da quel maledetto 26 marzo del 2004. Aveva 16 anni quando vide fuggire con la pistola in mano l'uomo che aveva appena ucciso sua madre con quattro colpi di pistola all'addome e al volto. Matilde Sorrentino, 49 anni, venne freddata sull'uscio di casa al civico 13 del parco Trento. Alle spalle di quelle anonime palazzine, il killer Alfredo Gallo era riuscito ad entrare dal tetto e poi a scappare a piedi, facendo perdere le sue tracce per settimane, prima dell'arresto. E solo oggi viene individuato il mandante di quel brutale l'assassinio: Francesco Tamarisco, 45 anni, ritenuto il capo del gruppo criminale del rione Poverelli e, inizialmente, tra gli arrestati per il primo grande scandalo italiano sulla pedofilia.

Tamarisco era tra i 19 presunti «orchi» arrestati per violenza sessuale ai danni di alcuni bambini che frequentavano la scuola elementare del quartiere, tra i quali c'era proprio Salvatore, sette anni all'epoca degli abusi. E Matilde Sorrentino, che si guadagnò il soprannome di «mamma coraggio», fu la sua principale accusatrice. In primo grado, il tribunale di Torre Annunziata lo condannò per concorso in quei reati crudeli, ma in secondo grado fu assolto. Non bastò la sua presenza in una delle case degli orrori poco prima delle violenze per arrivare alla nuova condanna, né la sua riconosciuta caratura criminale nel quartiere che avrebbe sancito una sorta di «benedizione» per i pedofili per valergli la conferma in appello. Ieri mattina, però, i carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Torre Annunziata hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio premeditato per Francesco Tamarisco, già in cella per traffico internazionale di droga.
 
L'ordine di arresto, firmato dal gip Giovanni de Angelis su richiesta del procuratore Sandro Pennasilico e dell'aggiunto Pierpaolo Filippelli, arriva a chiusura di indagini serrate iniziate a gennaio, fatte di una vera e propria composizione di un puzzle di indizi. I racconti di una decina di collaboratori di giustizia e le intercettazioni in seguito agli interrogatori di alcuni parenti dell'esecutore materiale dell'agguato hanno portato a chiudere il cerchio. Secondo l'accusa, il capo della famiglia di narcos torresi avrebbe versato a Gallo 50mila euro (in due tranche da 25mila) per uccidere Matilde Sorrentino, comprando il suo silenzio anche con l'acquisto di un'auto (una Alfa Romeo) e assicurandogli tuttora una «paga» da 500 euro per la detenzione. La ricostruzione delle condizioni economiche della famiglia del killer, infatti, secondo gli investigatori mostrano una sproporzione esagerata tra i redditi e le cifre portate mensilmente in cella, dove Gallo sta scontando la condanna definitiva all'ergastolo. Lo stesso killer, quando assassinò mamma coraggio, era stato appena scarcerato dopo un'altra condanna per omicidio: da minorenne aveva ucciso l'imprenditore Andrea Marchese nel corso di una rapina ina via Roma.

La nuova indagine parte dalla dichiarazione di un trafficante pentito. Il racconto di Alessandro Montella, poi, è stato confermato nel corso delle audizioni dei vari collaboratori di giustizia, tra cui l'ex killer dei Gionta, Michele Palumbo, che ha rivelato anche l'accordo tra i boss dei due clan Valentino Gionta e Francesco Gallo per uccidere sia i pedofili che Tamarisco. Se Ciro Falanga e Pasquale Sansone furono ammazzati tra il 26 e il 27 luglio 2009, appena scarcerati per decorrenza dei termini, per Tamarisco non è mai stata eseguita la «sentenza di morte», anche per la sua caratura criminale: lui è ritenuto un boss, seppure i Tamarisco non siano un clan «certificato» da una condanna per associazione mafiosa. Altri collaboratori, come Francesco Raimo e Giuseppe Pellegrino, hanno ricostruito anche la questione dei mantenimento del killer in carcere,
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