Bomba a Sorbillo, ordine del boss:
«Il racket sulle pizzerie è nostro»

Bomba a Sorbillo, ordine del boss: «Il racket sulle pizzerie è nostro»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 21 Gennaio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 22 Gennaio, 11:31
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Un ordine perentorio, quasi una busta chiusa gettata dall’altra parte della staccionata: il racket sulle pizzerie è nostro, qui le estorsioni le facciamo noi. A voi - è il senso del diktat - giusto il minimo per sopravvivere, solo un po’ di spaccio di droga nei vostri bassi. Parola di boss, o meglio, dell’ultimo esponente di spicco della camorra targata Mazzarella, mai come in questi ultimi mesi decisa a riconquistare pezzi di sovranità criminale nella zona del centro storico. Bomba a Sorbillo, le indagini battono in modo sempre più deciso la pista del racket e puntano i riflettori sugli esponenti del clan Mazzarella a piede libero.
 
Scarcerazioni eccellenti, vecchi e giovani esponenti di un cartello che - come una ventina di anni fa - vanta ramificazioni nella zona della periferia orientale e finanche in interi comuni dell’area vesuviana. Ma torniamo alla zona dei Tribunali, torniamo all’escalation di episodi violenti culminata nella bomba carta di mercoledì notte, all’esterno della pizzeria di Gino Sorbillo. Un gesto dimostrativo, non per offendere o provocare danni irreparabili nel commerciante di turno - che ha ribadito di non aver mai ricevuto minacce estorsive - ma per chiarire le idee a tutti. Un gesto usato come megafono dai Mazzarella per mettere nell’angolo quelli che stanno nel Decumano superiore, vale a dire i rivali del clan Sibillo. Inchiesta condotta dai pm Celeste Carrano e Francesco De Falco, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, si lavora su una serie di episodi avvenuti negli ultimi mesi.

A dicembre gli spari in una zona controllata dai Sibillo (nei pressi dell’edicola votiva dedicata al boss ventenne ucciso a luglio del 2015), poi la bomba carta di mercoledì scorso, in uno scenario segnato da spari in aria (le stese) e messaggi trasversali. Sembra chiara la strategia dei Mazzarella, che puntano a mettere le mani su tutto il racket, il vero e proprio motore dell’economia criminale nel centro storico. Si lavora su una sorta di tariffario, anche alla luce delle indagini del pool anticamorra culminate nel 2013 in decine di arresti. A distanza di cinque anni dall’ultima inchiesta sul racket delle pizzerie, queste sono le richieste imposte dalla camorra a commercianti e ristoratori: dalle 3500 alle 5000 euro alla volta per ogni negozio, in una richiesta che viene ripetuta tre volte l’anno (a Natale, Pasqua e Ferragosto). 

Verifiche in corso, mentre al vaglio dei pm anche un altro filone investigativo, legato al modo usato dai grossi cartelli criminali di entrare nell’economia legale. Ad alcuni commercianti, infatti, non viene richiesta la tangente nel senso classico del termine, ma viene imposta la propria presenza nello stesso asset societario. Una sorta di racket delle quote, che viene imposto a gruppi imprenditoriali sul fronte della ristorazione. Chiaia, centro storico e oltre. Non solo a Napoli. Lo schema viene duplicato anche in altre città italiane, grazie a partnership costruite a tavolino, che ha un doppio obiettivo: riciclare soldi sporchi, imporre il pizzo a imprenditori dal volto pulito, costretti ad assecondare la presenza di prestanome della camorra, entrare nel circuito dell’economia pulita. Una sorta di zona grigia che rappresenta l’ultima frontiera del racket in città, in una strategia che va ben oltre la bomba carta fatta esplodere all’esterno della pizzeria Sorbillo. 
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