«Sì, ho venduto un Dorazio: per me era vero»

«Sì, ho venduto un Dorazio: per me era vero»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 19 Gennaio 2018, 08:59 - Ultimo agg. 09:28
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«I carabinieri nel mio studio? Certo, confermo tutto, sono venuti con un mandato di perquisizione, mi chiedevano di un disegno che ho aiutato a vendere, così, per fare un favore a un amico. Non capisco qual è il reato? Per me si tratta di un disegno autentico, lo dimostrassero loro il contrario...».

Sereno, per nulla indispettito dalla visita dei carabinieri, rispettoso del lavoro degli inquirenti. Ma soprattutto motivato a fornire il proprio punto di vista nel corso di un'inchiesta che sta creando scompiglio tra case d'asta e galleristi, collezionisti ed esperti di arte contemporanea.

Eduardo Cicelyn, cosa giustifica un'accusa di ricettazione? Ci aiuta a capire cosa cercano gli inquirenti?
«Tutto nasce da una richiesta di un amico, un professionista napoletano, si chiama Antonio Molis (primario in pensione del Fatebenefratelli, ndr), amico di vacanze ad Acciaroli, che mi ha chiesto di aiutarlo a vendere quadri di cui era in possesso. Mi ha proposto una quarantina di opere, alla fine ho trovato interessanti solo due o tre cose».

Però nonostante la sua esperienza, non ha capito che in almeno un caso si tratta di un'opera falsa...
«E chi lo dice? Chi lo ha stabilito?».

Può farci capire come funziona la vendita di un'opera d'arte?
«Le accennavo al mio amico, che mi ha proposto, tra tante cose, un disegno di Dorazio, autore romano degli anni Sessanta. L'ho esposto e l'ho fatto vendere, senza per altro guadagnarci niente, trattandosi di una mediazione tra amici».

Sì, ma come fa a dire che si tratta di un disegno vero?
«Era accompagnato da un certificato di autenticità, dalla foto della firma con la quale l'autore conferma la sua autenticità e dal numero di catalogo o di archivio. Per questo motivo posso confermare che io non tratto opere false, in quanto sono tutte provviste dei requisiti di autenticità. Se poi, alcuni documenti sono fasulli, lo devono stabilire gli inquirenti, certo non posso verificarlo io».
 
Cosa ha fatto quando ha visto i carabinieri a casa o in studio? Cosa pensa di questa accusa di ricettazione?
«Ho messo a disposizione tutti documenti che avevo, ho perfino chiamato l'acquirente e gli ho chiesto di riportare qui da me il disegno comprato, che c'è un'inchiesta in corso, ovviamente garantendogli che gli sarebbero stati restituiti i soldi».

Quant'era il prezzo del disegno?
«Credo intorno alle tremila euro».

Non ha avuto qualche dubbio?
«Assolutamente no. All'inizio, su una quarantina di opere, ho spiegato che alcune erano semplicemente brutte o poco interessanti. Poi la nostra attenzione è caduta su due o tre disegni che, ripeto, erano accompagnati dai certificati, firme e numeri di archivio».

Quindi per lei erano vere?
«Mi dimostrassero il contrario. E lo dico salvando la buona fede degli inquirenti, oltre all'importanza dell'inchiesta condotta fino a questo momento».

Ma a chi spetta ora dimostrare che si tratta di un disegno falso?
«Ci vorrà un consulente, dovranno rivolgersi a una casa d'asta, anche se qui partiamo da un presupposto: anche due importanti case di asta - una di Roma e l'altra di Napoli - in questa vicenda sono indicate come parte offesa. Torniamo al punto di partenza: non spetta a me stabilire se qualcuno ha barato facendo carte false».

Le era mai capitato di trovarsi in una situazione simile? Insomma, al di là delle accuse penali, non è piacevole per un esperto sapere che sulla propria scrivania è passato un documento falso o quanto meno dubbio.
«In questa sfera ci può essere sempre un margine di dubbio, qui non parliamo di Michelangelo o di Leonardo da Vinci. Le racconto qualche aneddoto. Kounellis è stato uno degli autori più falsificati, tanto che in alcuni casi, andavo da lui e gli chiedevo se tale opera fosse sua o no. Ricordo anche un caso di una signora svizzera che pur avendo avuto conferma da Kounellis di aver acquistato un'opera autentica, decise comunque di fare delle verifiche sulla carta usata, che non rispondeva al periodo dichiarato dell'opera. Quindi, questa signora denunciò Kounellis che si era attribuito la paternità di un'opera non sua, ci fu un processo per risarcire il danno. Alla fine l'autore regalò alla signora un quadro vero. Le racconto questi episodi per farle capire che non è sempre facilissimo stabilire l'autenticità di un'opera».

Quali altre indicazioni ha dato ai carabinieri?
«Abbiamo parlato di un quadro di Canaletto, che mi venne proposto per una compravendita. Girai la foto a un amico inglese, che rimase abbastanza perplesso. Ho dato tutte le indicazioni agli inquirenti, non so a cosa approderanno».

Quale consiglio darebbe a un cittadino che vuole investire in quadri?
«Se ti offrono uno Schifano a tremila euro, un dubbio fattelo venire».

Cosa pensa di questa indagine?
«Ben venga ogni iniziativa per fare chiarezza nel nostro mondo. Non traffico opere false, né ho legami con soggetti chiacchierati, qualcuno che imbroglia ci può stare, anche se non mi sento colpevole: non tratto opere false, ogni opera è accompagnata da documenti e credenziali formalmente regolari».
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