Scampia, viaggio nelle Vele. «Se ne salva solo una? Ci trasferiamo lì»

Scampia, viaggio nelle Vele. «Se ne salva solo una? Ci trasferiamo lì»
di Pietro Treccagnoli
Martedì 30 Agosto 2016, 10:00 - Ultimo agg. 21:13
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«Ciascuno cresce solo se...»: la scritta sbiadita è sul muro esterno della Vela Celeste. La parola o le parole successive sono state cancellate dal tempo. Il tempo a Scampia va sempre da un'altra parte, ha un percorso inceppato, fatto di attese e sospensioni. Se... Se cosa? Se si lascia Scampia? Se si cambia casa? Se si cambia città, se si resta a lottare qui in questa affollata solitudine? Se, appunto. Che se raddoppi la congiunzione ipotetica ti trovi a masticare un «sesé», che è l'espressione napoletana più incredula e irridente. Si cresce? Sesè. Tra questi palazzoni devastasti ispirati a Le Corbusier e Kenzo Tange, ma ridotti a location della meglio fiction internazionale, a incubo senza risveglio, l'incredulità fa il paio con la rassegnazione. E con la risata irridente di chi è cresciuto in mezzo alla strada. Nel bene e nel male. Mica te lo fai con le chiacchiere e le promesse. A piazza Municipio si fa un altro passo per l'abbattimento dello scandalo di pietra, delle vele che hanno fatto naufragio, trasformandosi in relitti urbanistici. E qui ci si divide tra speranza (sfiatata) e dubbi (effervescenti). Ne resterà in piedi solo una che dovrebbe diventare il simbolo della rinascita se... Aspettatevi, ovviamente, un «sesé» a commento.
 

 

Tra assegnatari che, di mese in mese, vedono rinviato il trasloco nelle palazzine gialle costruite all'ombra degli edifici fatiscenti, tra abusivi che pagano un affitto e occupanti senza nessun titolo, nomadi provvisoriamente sedentari e migranti, si stimano almeno 500 appartamenti abitati. Qualcuno sostiene di meno, qualcun altro di più «E chi li conta» risponde con un'alzata di spalle Antonio che, appostato sul pianerottolo del primo piano della Vela Rossa, fa da Cerbero, intercettando chi entra e chi esce, soprattutto chi entra. Un panino extralarge da addentare e un irrequieto cane, Leo, a saltellargli attorno. «E dove li prendono i soldi per abbattere le Vele e darci le case? Mo' devono pensare prima ai terremotati. Semmai li trovano gli euro, mentre li portano da Roma a Napoli, un autogrill dopo l'altro non rimangono neanche gli spiccioli per comprare una rustichella».

Tra le aiuole ingombre di rifiuti e di erba bruciata dal sole, Gianni, maglia sudata e cuore tatuato, il cane lo tiene al guinzaglio, l'arcigno boxer prende aria, afa più che altro. Abita nella Vela Celeste e con uno sguardo complice invita a non scendere nei sottoscala: «I ragazzi stanno faticando». Non c’è bisogno di specificare di che fatica si tratti. Sull’abbattimento mostra di saperne a sufficienza. «Da quando s’è sparsa la voce che resterà in piedi solo la Vela Celeste, dalle Torri e dalla Vela Rossa molti abusivi si stanno trasferendo qua» racconta. Ma non sono previste abitazioni. «E che ci volete fare? Quella la capa della gente è una sfoglia di cipolla. Sperano sempre nella casa. Qualche mese nella Vela fa hanno fatto pure dei lavori.
Cosa vuol dire? Che resta in piedi. Mica buttavano i soldi». Una migrazione interna? «No, no, vengono pure da fuori, da altri quartieri. La gente è disperata. Avevano dei mutui. Non li hanno potuti più pagare e sono venuti a Scampia».

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