Saviano a Napoli per il suo libro "Bacio Feroce". E su Gomorra: "non dipinge boss come romantici"

Saviano a Napoli per il suo libro "Bacio Feroce". E su Gomorra: "non dipinge boss come romantici"
di di Paola Marano
Sabato 9 Dicembre 2017, 21:16 - Ultimo agg. 21:17
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«E' il bacio che si danno i camorristi, che viene da un’antica leggenda di strada secondo la quale per scegliere il cane combattente devi prendere il cucciolo che invece di darti una leccata sulla guancia te la morde. Il bacio feroce è in realtà un simbolo di come stare al mondo e cioè un mondo che non ti concede niente, e ti costringe, se vuoi qualcosa, a prendertela ferocemente”. Mentre una sala gremita lo aspetta proprio lì, nella Feltrinelli di via Chiaia a Napoli, dove undici anni prima presentava al pubblico Gomorra, lo scrittore e giornalista napoletano Roberto Saviano spiega così da dove nasce il titolo del suo ultimo libro “Bacio Feroce”.
 

Il lavoro dà  seguito al precedente e terzo romanzo di Saviano, La paranza dei bambini, e prosegue la storia di Nicolas Fiorillo, detto ‘o Marajà, che si fa strada nel mondo criminale di Forcella, storia ispirata a quella di Emanuele Sibillo, ventenne ucciso nel luglio del 2015 da una banda rivale. Accanto a lui, come relatori, due ragazzi italiani ma senza cittadinanza, a raccontare attraverso le loro storie gli effetti di un ritardo nell’approvazione dello Ius soli, di cui, secondo Saviano, la politica tutta è colpevole.  
Parlando invece delle critiche mosse anche da vertici della magistratura sul rischio, per serie come Gomorra, di umanizzare la figura del criminale,  lo scrittore ribatte che: “non credo che renda "romantici" i boss. Ne raccontiamo l'aspetto violento e bestiale - ha affermato - senza una dimensione consolatoria che io nei miei libri e nelle serie che scrivo ho sempre rifiutato".   "Anzi - ha sottolineato - quello che voglio suggerire è: “quanto di loro c'e' dentro di te, quanto nella nostra societa”, anche dell'aspetto legale? Quanto quel modo di ragionare e' esattamente il modo di ragionare dei grandi ammiragli dell'imprenditoria internazionale? Questo e' quello che voglio suggerire". "Non ho mai bisogno di romanticismo, credo, invece, che una certa ansia sia generata dall'assenza del bene che è una caratteristica che ho da sempre quando scrivo – ha consluso il giornalista - non voglio mettere un punto di vista del bene e costringere, invece, lo spettatore a un senso di fastidio perche' non deve esserci una scappatoia". 
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