Campania. Ruspe, incombono 70mila ordinanze. La Regione: «Pronti a intervenire»

Campania. Ruspe, incombono 70mila ordinanze. La Regione: «Pronti a intervenire»
di Maria Pirro
Giovedì 19 Maggio 2016, 09:35 - Ultimo agg. 11:15
6 Minuti di Lettura
«Anche senza la legge nazionale, che avrebbe dovuto dare un ordine di priorità agli abbattimenti, noi andremo avanti per affrontare il problema in Campania». È la linea di Vincenzo De Luca, per salvare dalle ruspe gli abusi di necessità: una linea ribadita, nel giorno del dietrofront in Parlamento, dal suo consigliere per il governo del territorio Umberto Siola, che riepiloga quanto già annunciato dal presidente in campagna elettorale. «La Regione vuole sistemare le pratiche pendenti, non certo fare un nuovo condono - precisa Siola -. E per questo, è aperto il dialogo con la soprintendenza e gli altri enti. Per individuare, appunto, criteri condivisi che consentano di sistemare le pratiche rimaste in sospeso, nei termini possibili».

Oltre alle 70mila ordinanze di demolizione, si contano più 300mila abusi dichiarati e mai regolarizzati, nonostante siano al vaglio da decenni al vaglio dei Comuni. Per recuperare il ritardo, la procedura è sbloccata attraverso una norma contenuta nel collegato alla finanziaria approvato dal consiglio regionale 31 luglio 2014 e «blindata» dall'allora giunta Caldoro. In pratica, sono stati riaperti (e poi prorogati ulteriormente, per l'esame delle pratiche) i termini per la definizione delle domande di sanatoria in Campania, fascicoli che risalgono a 20 e 30 anni fa: ex condoni 1985 e 1994, con procedure semplificate se l'abuso non è stato commesso in aree a inedificabilità assoluta e con vincoli imposti prima dell'anno della legge. Tuttavia, il provvedimento, che ha retto davanti ai giudici, nonostante i ricorsi di ambientalisti e opposizioni, evidentemente non basta a chiudere il caso.

Secondo una stima dell'Ordine degli architetti di Napoli, le oltre 300mila richieste di condono già presentate consentirebbero ai comuni di incassare gli oneri accessori, l'operazione potrebbe anche rimettere in moto un indotto dal valore di un miliardo di euro, «ma tutto procede a rilento perché un parere negativo di soprintendenza o altri enti per la tutela equivarrebbe a una bocciatura senza appello», spiega l'ex presidente dell'Ordine Salvatore Visone, che ha elaborato il rapporto. «Per questo, la situazione è complicata». Sempre secondo l'Ordine, si contano almeno centomila immobili da completare e ogni comune nella zona rossa ha anche 5000 pratiche di condono sospese. Solo a Terzigno sono state censite 3040 pratiche «dormienti». Significa che un abitante su cinque, in media, avrebbe una pratica aperta. Orientativamente, l'80 per cento riguarda residenze, il 20 per cento manufatti destinati ad attività produttive. Non senza risvolti paradossali. Ad esempio, trasformare una struttura industriale in un albergo nel parco del Vesuvio, a Terzigno, in base a una richiesta presentata nel 2005, per effetto della burocrazia è diventata una odissea: risolta, in questo caso, nel 2011, cinque anni dopo l'istanza, e ormai troppo tardi per l'imprenditore che ha perso, per effetto delle lungaggini, i finanziamenti previsti.

Legambiente sottolinea i rischi del mattone selvaggio e stima che solo nei comuni del Parco nazionale, nella zona rossa intorno al vulcano, sarebbero stati realizzati abusivamente circa 1000 scheletri: «Il cemento ha invaso le strade, tutte potenziali vie di fuga in caso di eruzione, alla faccia delle ristrutturazioni e della messa in sicurezza del territorio». Secondo l'associazione ambientalista, 60mila case abusive (9 milioni di metri cubi) solo negli ultimi dieci anni sono state realizzate in Campania. La regione, nella classifica nazionale dei reati legati al ciclo del cemento, e la provincia di Napoli hanno un triste primato.

C'è il caso di Ischia, devastata dall'abusivismo. A Napoli città il record di Pianura, dove la pineta protetta di fatto non esiste più. Casal di Principe conta addirittura tremila abusi, una casa su tre non è condonabile. «Ci sono comuni che hanno intere zone fuorilegge», dice Siola, che sottolinea un altro risvolto negativo della faccenda: «L'impasse produce anche un danno economico, perché il valore edilizio di questi fabbricati è considerato zero dalle banche, non rientrano nel patrimonio e non sono beni che è possibile commercializzare». La questione della compravendite è sollevata anche da Francesco Tuccillo, presidente Acen di Napoli, che aggiunge: «I condoni pregressi vanno affrontati e risolti. È impensabile che le pratiche ancora senza esito del Comune di Napoli siano circa 53mila».

Per il leader dell'associazione costruttori è un danno anche per le casse pubbliche: «Cento milioni di euro potrebbero essere incassati per effetto del pagamento di oneri di urbanizzazione, contributi dei costi di costruzione e sanzioni». Tuccillo, però, avverte: «Le regioni meridionali sono quelle in cui l'abusivismo è più diffuso. Su questa tendenza, incidono, da un lato, fattori culturali, dall'altro forse anche la reazione a burocrazia lenta, piani regolatori e regimi vincolistici eccessivamente severi, anche per quel che attiene i piani di recupero che, invece, sarebbero necessari. Mi riferisco, in particolare, agli immobili, pubblici o privati, che sono in disuso o sottoutilizzati, la cui valorizzazione e il cui riutilizzo andrebbero sostenuti per determinare ricchezza e città più attrattive».

Se amministrazioni come quella di Cava de' Tirreni, a guida Pd, provano a uscire dall'angolo e a sbloccare la faccenda con il «fai-da-te», regolamentando direttamente la materia, lo stesso partito a Roma appare invece andare in un'altra direzione, nonostante i richiami che arrivano dalla base anche più moderata. Il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia premette: «Io sono contro l'abusivismo, al punto che tutta la città paga 180-190mila euro all'anno per i voli aerei necessari a controllare il territorio ed evitare nuove costruzioni selvagge». Diverso però, aggiunge Figliolia, è «l'abuso di necessità, la casa dove vive la famiglia, e un ragionamento sulle realtà produttive, ex edifici industriali riattatati, che hanno presentato istanza di condono relativa agli anni Ottanta e Novanta e non possono avere agibilità e autorizzazione. Di tali questioni delicate il legislatore deve farsi carico. Il Parlamento deve essere chiaro, bloccare nuove sanatorie ma fare un ragionamento complessivo».

Il senatore pd Vincenzo Cuomo, ex sindaco di Portici, parla addirittura di «doppio passo», nel rappresentare la distanza all'interno del suo partito tra il fronte campano e quello nazionale. Eppure, ricorda, il disegno di legge per dare una priorità negli abbattimenti, facendo scivolare in fondo le demolizioni dei cosiddetti abusi di necessità, è passato al Senato già due anni fa: con il consenso democrat. Di più: «Il cardine di quella proposta di legge, che non va chiamata Falanga, è stata l'intera commissione che ha riunito più testi». E ora? «C'è un errore sul presupposto della norma - sostiene Cuomo - perché non si tratta di una norma contro gli abbattimenti, ma che dà appunto un ordine di priorità, partendo da una tipologia di immobili, considerati pericolosi per dissesti idrogeologici e altre ragioni». Cuomo, dunque, si schiera con il partito di chi pressa da tempo per un intervento. «So quanto è cogente applicare la legge, per questo si è pensato a dare certezze e non affidare agli uffici delle procure un ordine di priorità che altrimenti può dipendere soprattutto dall'abilità degli avvocati». A parte la direttiva diffusa dal procuratore generale di Napoli Luigi Riello, per regolare la materia, «in generale chi non può pagare, soccombe e magari si rischia di abbattere l'abuso minore e lasciare l'ecomostro o l'albergo». Ma il provvedimento, approvato al Senato e stravolto Camera è anche nel programma del Pd regionale: condiviso con il governatore De Luca, d'intesa anche con parlamentari campani. Almeno fino a ieri. «Devo ritenere - conclude Cuomo - che ci sono colleghi che dicono una cosa e ne pensano, anzi ne fanno un'altra».
© RIPRODUZIONE RISERVATA