Risanare Napoli,
il sogno della Sanità

di Silvio Perrella
Giovedì 7 Dicembre 2017, 08:48
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La Sanità risanerà Napoli. È quel che pensano tutte le persone che frequentano quel quartiere; quel quartiere o rione che all’inizio dell’Ottocento fu separato dal resto della Città a seguito della costruzione di un ponte.

La nascita di un ponte in genere porta alla connessione e all’unione tra due parti prima distanti. Il ponte voluto da Murat, vista la natura verticale della Città, invece, ha trasformato un intero quartiere in una enclave; in un luogo che ci vai solo se ci abiti.

Il lavoro che si è fatto e si fa alla Sanità è basato sulla costruzione di relazioni. Al vuoto e allo sconforto si sostituiscono la prossimità e l’ascolto. Lo si fa in un luogo violentato dall’architettura dalla storia e dalla malavita; ma lo si fa.

Anche la ferita inferta al chiostro circolare di Fra Nuvolo, che ha dovuto ingurgitare il molosso di un pilone, con il tempo si è cicatrizzata. Ed è soprattutto «sotto il ponte» che la vita sociale del quartiere ferve.
Viene da chiedersi se potrà mai cicatrizzarsi la ferita inferta a chi è rimasto dopo l’assassinio di Genny Cesarano. Ed è chiaro che si dice Genny per dire insieme a lui tutti i morti innocenti del quartiere e della Città.
Chi è rimasto si chiama madre, padre, fratello, sorella, zii, amici, compagni di scuola e di lavoro…; e si chiama Stato. Ieri lo Stato ha fatto il suo dovere: ha inflitto agli assassini le condanne che gli spettavano. E facendolo ha ristabilito i confini tra quel che è giusto e quel che è aberrante e barbarico.

Giustizia è fatta? Solo in parte, perché le ferite sociali, se pure si rimarginano, lo fanno con tempi lunghi, a volte lunghissimi; e i processi di cicatrizzazione sono sempre esposti a nuove infezioni, e il pus può devastare all’improvviso e di nuovo i tessuti.

Padre Loffredo, e non poteva essere che lui, ha coniato una formula fertile. Commentando la notizia delle condanne e degli ergastoli ha detto: le ferite sono diventate feritoie; ci si vede attraverso.
Sì, ci si vede attraverso; esattamente come si è imparato a vedere attraverso i piloni del ponte. Dalla separazione inflitta, patita, subita nasce il desiderio di una vita che respiri finalmente a pieni polmoni; di una vita che sconfigga la dittatura della paura; di una vita che guardi diritto a sé con occhi limpidi.

Le ferite di chi è rimasto, qualunque sia il suo nome, non si sa quando e se si rimargineranno. Ma se le ferite diventano feritoie, se è possibile guardarci attraverso, allora la strada da fare sarà lunga, anche lunghissima, ma sarà una strada ancora percorribile. E su quel ponte che ha separato si moltiplicheranno gli ascensori. Da su a giù; da giù a su. E se se ne romperà uno, ce ne sarà subito un altro a tenere in buona manutenzione l’arte del congiungere. E se questo accadrà – e accadrà! – si potrà ben dire che la Sanità avrà risanato Napoli.
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