Rifiuti di automobili, nel porto di Napoli l’hub dei ricambi per l’Africa

Rifiuti di automobili, nel porto di Napoli l’hub dei ricambi per l’Africa
di Nico Falco
Mercoledì 6 Settembre 2017, 09:54 - Ultimo agg. 09:58
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Rottami da smaltire a pagamento in Italia, preziosi pezzi di ricambio da rivendere in Africa. Le rotte del traffico di rifiuti partono davanti al Vesuvio e arrivano al di là del Sahara, dove i paesi in via di sviluppo rappresentano il mercato sempre in espansione di rottami qui inutilizzabili e apparecchiature elettroniche da “riciclare”. E così tonnellate e tonnellate dei materiali più disparati partono dall’Europa e finiscono dritti in Africa, dove vengono selezionati: quello che può servire viene riutilizzato, il resto finisce nelle discariche, anche a ridosso delle baraccopoli. Rifiuti tossici e pericolosi compresi.

Uno dei questi carichi è stato intercettato pochi giorni fa nel porto di Napoli. Erano rottami di automobili, i finanzieri del Comando provinciale ne hanno sequestrati 72 tonnellate in una operazione che ha portato alla denuncia per quattro cittadini africani, tutti incensurati, regolari e domiciliati nel Napoletano. Le fiamme gialle sono partite da uno dei trasportatori, un senegalese appena sceso dal traghetto proveniente da Palermo a bordo di un furgone. Lo hanno fermato ma con sé non aveva nessun documento, soltanto un indirizzo dove consegnare il carico. Hanno ispezionato il mezzo e dentro ci hanno trovato motori, cilindri, marmitte e parti di carrozzeria.

Tutto privo di documentazione e non ancora trattato per lo smaltimento: erano sporchi di grasso e olio, come se fossero stati da poco smontati. Lo step successivo è stato esaminare l’area di scarico. Si trovava all’interno del porto, era un deposito affittato a un altro senegalese. E lì i finanzieri hanno trovato il resto della merce: altri tre extracomunitari, tutti provenienti dall’Africa subsahariana, stavano scaricando un furgone e spostando rottami in un container. I quattro stranieri sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria competente per attività di gestione non autorizzata e i due furgoni e quattro container sono stati sequestrati insieme a 72 tonnellate di pezzi di ricambio.

Le indagini sono ancora in corso, si devono seguire i fili per arrivare al burattinaio. E, da questi riscontri, potrebbe venire fuori una realtà molto più complessa del semplice traffico di rifiuti. Innanzitutto, il particolare del traghetto: il fatto che l’uomo fermato nel porto venisse dalla Sicilia indica che l’organizzazione, i cui contorni non sono ancora chiari, avrebbe la sua base proprio a Napoli ed è proprio qui che convergerebbero i carichi dal Centro e dal Sud. Poi c’è l’aspetto della raccolta dei pezzi di ricambio. Si deve stabilire la provenienza.

La Guardia di Finanza sta esaminando il materiale sequestrato e, in base ai numeri di telaio e agli identificativi punzonati, cercherà di ricostruire il percorso di motori e serbatoi, e solo allora sarà probabilmente possibile capire se quei pezzi arrivano dalle automobili rubate e poi smantellate o da carrozzieri e meccanici che si sono rivolti agli stranieri per smaltire i rifiuti. O da entrambi, anche questo al momento non si può escludere. Di sicuro gli uomini sorpresi a scaricare al porto sono soltanto l’ultima ruota del carro di una organizzazione che ha contatti sul territorio in Italia e in Africa. E potrebbe, come spesso accade, esserci anche il coinvolgimento della malavita organizzata, che su un affare del genere potrebbe pretendere il dazio.

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