La relazione dell'Antimafia al Parlamento: «A Napoli è sfida tra clan e stese, ecco la mappa della camorra»

La relazione dell'Antimafia al Parlamento: «A Napoli è sfida tra clan e stese, ecco la mappa della camorra»
Mercoledì 26 Luglio 2017, 16:14 - Ultimo agg. 17:54
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Alcune aree del territorio regionale continuano ad evidenziare uno scenario instabile e in costante trasformazione. La realtà criminale appare significativamente diversa da zona a zona, con riferimento alle strutture, agli obiettivi, al modus operandi dei singoli clan. È quanto scritto nella relazione del ministero dell'Interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia. Il periodo di riferimento è il secondo semestre 2016.

A Napoli e provincia, la presenza di un numero elevato di gruppi, privi di un vertice in grado di imporre strategie di lungo periodo continua a determinare la transitorietà degli equilibri. Precarietà ed inconsistenza rappresentano, infatti, le caratteristiche dei gruppi emergenti, nonostante tra le loro fila militino soggetti provenienti da storici sodalizi, quali i Giuliano e i Mazzarella di Napoli. Si conferma, inoltre, l'abbassamento dell'età degli affiliati e dei capi, con la trasformazione dei clan in «gang», più pericolose per la sicurezza pubblica rispetto a quanto accadeva in passato, quando ogni gruppo era in grado di «mantenere l'ordine» sul proprio territorio, frenando ogni iniziativa estemporanea da parte di altri sodalizi. Molteplici sono le cause che hanno contribuito alla destabilizzazione di talune organizzazioni: le scissioni interne, l'incapacità di dotarsi di un apparato militare efficace e l'impossibilità di garantire mensilmente stipendi ad affiliati e famiglie dei detenuti.

A tali motivazioni si associano altri due fattori esogeni: da un lato, le operazioni di polizia giudiziaria, con arresti, scoperta di covi, sequestri di beni; dall'altro, l'avvio di importanti collaborazioni giudiziarie. Sul piano organizzativo, al posto delle passate strutture criminali vanno quindi affermandosi nuove compagini, che agiscono con particolare violenza e sfrontatezza, spinte da un'esasperata mania di protagonismo, espressa anche attraverso scorribande armate ed esplosioni di colpi di arma da fuoco, le cosiddette «stese».

I clan che operano soprattutto in alcune zone del Capoluogo - Sanità, Forcella, zona Mercato, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni, Barra - sembrano, peraltro, aver elaborato un'identità comunicativa collettiva per riconoscersi fra loro e diversificarsi, allo stesso tempo, dagli altri gruppi (barbe lunghe e folte, tatuaggi autoreferenziali di appartenenza ad un clan), per quanto la militanza all'interno di un sodalizio risulti comunque estremamente precaria. Ci si trova, così, di fronte a tanti piccoli «eserciti» senza una vera e propria «identità criminale», che utilizzano la violenza come strumento di affermazione ed assoggettamento, ma anche di sfida verso gli avversari.

Un importante indicatore di tale situazione di instabilità si rileva nell'elevato numero di omicidi, ferimenti ed atti intimidatori che confermano la persistenza di molteplici focolai in precise aree del capoluogo e nella immediata. Accanto a questa nuova fisionomia dei «moderni gruppi camorristici» sopravvivono alcuni clan della «passata tradizione criminale», storicamente e saldamente radicati sul territorio, che continuano a preservare la propria forza attraverso le nuove generazioni, puntando su grossi traffici internazionali e investimenti finanziari. Passando ad analizzare i principali settori dell'illecito che alimentano, a fattor comune, i profitti dei clan camorristici, risultano preponderanti il traffico di sostanze stupefacenti, il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, le estorsioni, l'usura, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti e l'infiltrazione nel settore degli appalti pubblici.

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