Profughi nei box, camorra a caccia
​di garage da trasformare in centri

Profughi nei box, camorra a caccia di garage da trasformare in centri
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 22 Giugno 2018, 09:58
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Si potrebbe parlare di «materie prime» se non si trattasse di esseri umani, in molti casi disperati in fuga da guerre e carestie. Ma quello dei migranti è ormai divenuto un business che ha assunto ormai le dimensioni di un’industria. Un affare che produce posti di lavoro e appalti, soldi e clientele in quella zona grigia che concilia solidarietà e interessi. L’inchiesta di Benevento è solo l’ultimo tassello di un mosaico dove ogni tessera è rappresentata da ognuno dei circa 200mila richiedenti asilo attualmente ospitati nei centri di prima e seconda accoglienza dello Stivale. Un business cresciuto a dismisura allo stesso ritmo degli aumenti degli sbarchi in Italia degli anni passati, quasi 700mila negli ultimi 5 anni. 
LE MAFIE
L’industria dell’accoglienza vale 3 miliardi di soldi pubblici messi a bilancio dello Stato nell’ultima Finanziaria. Per l’ospitalità ci sono strutture da costruire o adeguare e personale da impiegare per garantire vitto, alloggio e formazione ai richiedenti asilo. A partire dal 2013 si è sempre agito nella fretta delle «emergenze» su cui si sono tuffati a capofitto Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta. Al Cara dell’Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, nel più grande centro d’accoglienza d’Europa, lo scorso anno scattarono le manette per 68 persone, tra questi anche un parroco. Secondo l’accusa della procura di Catanzaro, degli oltre 100 milioni di euro assegnati alla struttura, almeno 30 sarebbero stati dirottati verso i clan della cosca Arena. I boss calabresi avevano messo le mani anche sui centri di Lampedusa, 4 milioni di euro di appalti che venivano affidati a imprese appositamente costituite che si dividevano così i fondi comunitari riservati ai profughi. E simili intrecci si erano già visti proprio in Sicilia, nell’altra grande struttura del Cara di Mineo. Del resto gli appetiti dei clan e dei colletti bianchi erano già chiari a partire dal 2014, quando scattò l’inchiesta romana di «Mafia capitale». Al telefono, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa «29 giugno» domanda: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno».
IL SISTEMA
Il business si articola in tanti rivoli e spesso è causato da un meccanismo che non regge i grandi numeri. Una volta che il migrante è stato identificato, dovrebbe essere inserito nel sistema SPRAR. L’adesione al sistema è volontaria e subordinata alla creazione di un progetto in collaborazione con il comune che possa prevedere un programma di aiuto materiale ai migranti e percorsi di integrazione. Ad aderire sono strutture ed enti locali che si offrono di ospitare i migranti, in cambio hanno la possibilità di accedere al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. L’aspetto positivo dello SPRAR è che questi centri sono vincolati a norme stringenti. Ma con l’aumento degli sbarchi, i posti nelle strutture SPRAR non sono più stati sufficienti all’accoglienza e sono nate strutture parallele chiamate CAS. Queste sono gestite da associazioni e cooperative allestite in strutture turistiche ed alberghiere che le prefetture devono obbligatoriamente garantire. Attualmente i CAS ospitano il 70 per cento dei profughi e richiedenti asilo e, dunque, sono diventati la forma di accoglienza ordinaria. Generalmente nelle strutture i migranti ci restano almeno due anni, i tempi necessari affinché i tribunali decidano se hanno diritto a ricevere delle forme di protezione internazionale o ricevere il foglio di via.
I BOX
Hotel sorti in zone non più turistiche e appartamenti sfitti in località remote. È qui che vengono alloggiati gran parte dei richiedenti asilo. Come avviene in Campania, sul litorale di Giugliano, dove lidi e vecchi alberghi, soprattutto in inverno, fanno ben pochi affari. Invece di tenersi le stanze vuote conviene ospitare i migranti che generano incassi sicuri grazie ai soldi elargiti dallo Stato. A guadagnarci non sono gli ospiti: dei 35 euro giornalieri previsti per ogni migrante, questi incamerano solo i 2,50 euro dei pocket money. E quando il sistema dell’accoglienza finisce, arriva poi quello sui clandestini a cui è stata rifiutata la richiesta d’asilo e che non possono essere rimpatriati. Questi finiscono nei campi, soprattutto di Campania e Calabria, a lavorare la terra per pochi euro al giorno. Per alloggiare invece, come accade nel centro storico di Napoli, ci pensa ancora la camorra. Membri vicini al clan dei Contini, ad esempio, comprano box e bassi per poche migliaia di euro. Poi, dopo una rapida ristrutturazione, ci alloggiano i clandestini. Il business sembra non finire mai e fa gola a tutti sulla pelle dei più deboli.
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