«Picchiato e ucciso senza un perché»
Il capobranco copre gli altri due complici

«Picchiato e ucciso senza un perché» Il capobranco copre gli altri due complici
di Viviana Lanza
Lunedì 19 Marzo 2018, 08:47
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L’udienza per la convalida del fermo, l’autopsia sul corpo della vittima, le indagini sul movente. A tre giorni dall’arresto dei tre minorenni, accusati di aver massacrato a bastonate la guardia giurata Francesco Della Corte mentre chiudeva il cancello della metropolitana Piscinola-Scampia, l’inchiesta riprende da qui. Resta da sciogliere il nodo del movente, perché se è vero che i tre ragazzi hanno tutti ammesso di essere i protagonisti dell’agghiacciante sequenza di violenza, è anche vero che due su tre hanno indicato il tentativo di rapina della pistola di ordinanza della guardia giurata come il motivo all’origine dell’aggressione, mentre uno, il più piccolo del gruppo e anche il più feroce stando alla ricostruzione degli inquirenti, ha indicato un movente diverso, che tende a scagionare gli amici e rende la storia, se possibile, ancora più assurda e inquietante. «Avevo degli spinelli, li fumai davanti a loro (vale a dire ai due amici) - ha raccontato L. C., in commissariato, la sera del suo fermo - Poi all’improvviso, forse proprio preso da euforia, proposi loro di picchiare una guardia giurata che era da poco passata davanti a noi e che ogni notte faceva il controllo alla stazione della metropolitana di Piscinola». «Non c’era un valido motivo per fare ciò» ha ammesso. «Sapevo che era armato ma non avevo alcuna intenzione di sottrargli la pistola che notai nella tasca del suo giubbino. Colpii più volte il vigilante, anche quando questi era caduto a terra perché avevo timore che mi riconoscesse».  
Adesso per L.C., come per K. A. e C. U., di sedici e diciassette anni, gli amici che «all’inizio erano contrari» ma «dopo poco convinsi», ci sarà oggi l’udienza davanti al gip, quella in cui si deciderà la loro sorte, almeno nell’immediato futuro. Il pm Ettore La Ragione ha chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere per i tre adolescenti, contestando, oltre al tentativo di rapina che comunque resta tra le ipotesi al vaglio, anche e soprattutto il reato di omicidio con l’aggravante «di aver agito con la crudeltà dei più colpi inferti sul cranio della vittima pur a fronte del suo iniziale stordimento». Lo hanno massacrato con due pezzi di legno, i piedi di un tavolo raccolti in strada. E poi sono scappati via, lasciando a terra il povero Della Corte agonizzante, solo quando si sono resi conto che «la mazzata data era assai forte». C.U., il ragazzino con la passione per il calcio, ha detto di non aver partecipato materialmente all’aggressione, di essere stato l’unico a non avere un bastone tra le mani ma è stato lì accanto ai suoi compagni durante l’aggressione. Nel ripercorrere i racconti della notte del 3 marzo scorso forniti dagli indagati e le loro ammissioni fatte di fronte all’evidenza dei risultati investigativi e alle immagini riprese da una telecamera di videosorveglianza e nell’evidenziare il contenuto di alcune conversazioni intercettate proprio venerdì scorso in cui la fidanzatina di uno degli indagati commenta l’arresto senza alcuna parola di condanna per la violenza messa in atto né di pietà per la vittima, il pm ha definito «inquietante» il contesto giovanile da cui provengono i protagonisti di questa brutta storia, un contesto dove «il confine tra il bene e il male è a dir poco labile». «Lo colpimmo unicamente al capo» hanno ammesso gli aggressori. E smisero di accanirsi solo quando «lo sentii russare e temetti che potesse morire». Quindi la fuga. «Aprii la portiera della sua auto, - è il racconto di L.C. - presi la borsa che era sul sedile posteriore e la lasciai nei giardinetti di piazza Tafuri. Il bastone lo gettai nel contenitore dei rifiuti per la raccolta del vetro». «E’ solo colpa mia» ha poi aggiunto provando a scagionare gli amici. Oggi il confronto davanti al giudice e la nomina dei consulenti che eseguiranno l’autopsia sul corpo della vittima. Altro passaggio fondamentale nella definizione della vicenda e del capo di imputazione. Per il momento è escluso l’omicidio preterintenzionale. A rappresentare la difesa degli indagati ci sono gli avvocati Luca Bonetti, Antonella Franzese e Antonino Rendina. La famiglia Della Corte sarà assistita dagli avvocati Marco Epifania e Gennaro Galantuomo.
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