Baretti, i gestori vogliono i controlli
«Militarizzare è l'unica soluzione»

Baretti, i gestori vogliono i controlli «Militarizzare è l'unica soluzione»
di Paolo Barbuto
Venerdì 24 Novembre 2017, 08:24
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Non credono più alle soluzioni proposte ai tavoli ufficiali: i gestori dei baretti sono affranti, disperati; aspettano senza entusiasmo di vedere cosa accadrà già da stasera ma hanno perduto ogni fiducia.
«Certe soluzioni estemporanee non servono più. L'unica possibilità per questa zona è la totale militarizzazione», fra le luci basse dello «Chandelier» le parole di Ulderico De Matteo sono come un ceffone sul volto. Mentre tutt'intorno si dice che non ci sarà mai militarizzazione, che la città deve uscirne in altre maniere, proprio da un gestore arriva il disperato appello. E il concetto viene condiviso, con parole differenti, praticamente da tutti gli altri imprenditori della notte che aspettano questo nuovo fine settimana come si aspetta la visita di un parente insopportabile: «Cosa può cambiare? La gentaglia tornerà qui, le pattuglie daranno sollievo per qualche giorno prima di allentare la presa e lasciare nuovamente il territorio a chi lo invade con arroganza e violenza», dice con amarezza Giulio Solipano mentre sistema il suo «Piano terra» con una meticolosità che mette quasi imbarazzo.

Dal «66» fa eco Filippo Boccoli (che è anche gestore dello Spritz): «Non possiamo immaginare che i controlli serrati durino in eterno, sappiamo bene che l'impiego di personale delle forze dell'ordine, soprattutto di notte, non può essere costante e continuativo. Siamo felici che ci sia il tentativo ma sappiamo bene che, purtroppo, fra qualche mese il problema si ripresenterà con la stessa aggressività». Dentro al Babar lo staff prepara la sala per la serata e i ragazzi si raccontano ancora la tensione della notte delle pistolettate; Christian Carluccino allarga le braccia e spiega che il problema si risolve solamente con postazioni fisse della polizia ogni cinquanta metri: «Anche se il vero problema di questa zona sono certi locali che non puntano sulla qualità, vendono alcol e cibo a prezzi stracciati e attirano persone che vanno in cerca proprio di quella robaccia. Ecco, se iniziassimo ad isolare chi consente ai minori di ubriacarsi, chi punta alla quantità delle vendite e non alla qualità, forse saremmo già a buon punto».

 
C'è tutto in queste parole della serata d'inizio week end dei gestori, quella del primo impatto dopo la sparatoria: c'è la consapevolezza che i provvedimenti del Comitato non serviranno a tanto, c'è la rabbia contro quelli che svendono insieme l'alcol e tutta la zona, c'è la disperazione di aver perso fette importanti di clientela che non tornerà più. C'è pure la lucida analisi di un fenomeno che sembra avviato verso un punto di non ritorno: «Il declino di questa zona è già plateale - sussurra De Matteo - la discesa si fa sempre più rapida e, probabilmente, sarà inarrestabile. Io però non sono preoccupato da questa situazione: il tonfo alla fine sarà utile. Ci consentirà di fare una importante scrematura fra gli imprenditori veri e quelli che si sono inventati gestori in un minuto. Dopo il crollo partirà la rinascita, senza zavorre, per far tornare il quadrilatero dei baretti all'appeal di un tempo».
Dentro al Babar la ragazza dello staff si affanna sorridendo a dare alle sedie la sistemazione giusta, mentre lavora racconta di aver smesso di muoversi a piedi da sabato scorso: «Vengo in macchina. Pago grattino e parcheggiatore abusivo, ma almeno di notte quando esco per tornare a casa non ho più paura». Le sorride un collega giovane con gli occhi che raccontano intraprendenza e intelligenza: «Sabato scorso abbiamo dato riparo a tante persone. Vuol sapere una cosa? Io vengo del Rione Traiano e nella mia zona certe scene da far west come quelle dell'altra notte non le ho mai viste».
Christian Carluccino ascolta e si fa serio: «In due anni il giro d'affari s'è ridotto almeno del 30%. Clienti che erano storici adesso non passano più da noi. Sono soprattutto quelli del Vomero e di Posillipo che preferiscono spendere le loro serate in zone più tranquille della città. Io dubito che torneranno mai. Anche se noi ci battiamo giorno dopo giorno per offrire servizi migliori, se la zona viene identificata come un luogo di violenza e invivibilità non possiamo farci nulla, non recupereremo la strada e i clienti perduti».
Ogni parola di ogni gestore ha il sapore amaro della sconfitta. Come se tutti già sapessero che il percorso verso il degrado è inarrestabile. E quando provi a spiegare che da subito i controlli aumenteranno e che le forze dell'ordine saranno presenti in massa e pronte a tutelare i locali e le persone in cerca di divertimento, ricevi in cambio sorrisetti depressi. Come se ognuno di loro ti chiedesse: «Ma credi davvero che tutto questo servirà a qualcosa?».
Giulio Solipano una soluzione ce l'ha. E anche se sembra solo un paradosso, una cosa detta per esagerare, lui ci crede davvero: «Vuole che proponga la mia soluzione per tornare alle notti serene di una volta? All'imboccatura di ogni vicolo ci vogliono i tornelli, come allo stadio. Passa solo chi non è armato e si lascia identificare». Sembra incredibile la proposta: scusi Solipano, ma secondo lei le persone sarebbero contente di venire ai baretti passando attraverso un tornello col documento in mano? «Le persone perbene sarebbero entusiaste. Avrebbero la certezza di non avere sorprese una volta all'interno di quest'area e finalmente potrebbero rilassarsi come desiderano». Pure il concetto di «frontiera» da attraversare per raggiungere i baretti è condiviso praticamente da tutti. Boccoli lo propone in maniera differente: «Posti di blocco in cima a ognuna delle strade che portano davanti ai locali e carri attrezzi dietro ogni angolo. Chi viola la ztl viene sanzionato, chi ha documenti o assicurazione non in regola subisce il sequestro. Controlli in massa ad ogni gruppo di ragazzi che si avvicina: chi ha un coltello in tasca viene denunciato così come chi porta dosi di droga. In questo modo la selezione sarebbe naturale. Basterebbero tre-quattro settimane per convincere la marmaglia a trovarsi un'altra zona dove andare a sfogare la violenza».
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