L'assessore: «Non in linea con il resto d'Italia, ma non possiamo fermare le lezioni»

L'assessore: «Non in linea con il resto d'Italia, ma non possiamo fermare le lezioni»
di Francesco Lo Dico
Giovedì 11 Gennaio 2018, 08:21 - Ultimo agg. 10:34
3 Minuti di Lettura
Sono in bilico le lezioni di mezzo milione di studenti campani. L'assessore regionale all'Istruzione, Lucia Fortini, accoglie la decisione della Cassazione con un misto di perplessità e di apprensione: «Così la Campania rischia di finire in una situazione che definire problematica, sarebbe eufemistico. Non si può scaricare la responsabilità di chiudere il 65-70 per cento delle nostre scuole su sindaci, province e dirigenti scolastici. Spero che prevalga il buonsenso tipico del padre di famiglia. Mi auguro si possano preservare le scuole agibili e il diritto allo studio di migliaia di ragazzi».

I nodi sembrano venuti al pettine. Perché la Campania è finita in guai così seri?
«Si tratta del risultato di anni in cui il lavoro di prevenzione e messa in sicurezza non è stato fatto in maniera adeguata. Nell'ultimo riparto dei fondi per l'edilizia scolastica, la Regione ha recitato la parte del leone: abbiamo avuto il 20 per cento delle risorse nazionali, pari a 48 milioni di euro, che sono stati destinati a Province e Città metropolitane. Molto di più di tutte le altre Regioni. Nonostante il grande impegno del governatore , porre rimedio a guasti che si trascinano da decenni non è tuttavia facile, né immediato: sul territorio ci sono 4800 fabbricati».

Gli uffici non dispongono di dati certi. Come è possibile, in una Regione in cui nove edifici su dieci sono in area sismica?
«È una questione antica: negli anni precedenti gli istituti non sono stati recensiti. Non a caso, quando la giunta si è insediata ha varato come prima delibera misure per l'implementazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica, con lo scopo di poter stabilire dove vanno fatti gli interventi più urgenti. I bandi, da soli, non bastano. Non si può pensare di fare manutenzione, adeguamenti e miglioramenti soltanto laddove esistono sindaci lungimiranti che presentano un progetto e dispongono delle competenze necessarie. Per una vera svolta, occorre che la Regione abbia il quadro generale dell'anagrafe: proprio quello che stiamo realizzando in collaborazione con le università della Campania. Peraltro abbiamo istituito l'anno scorso una Unità operativa dirigenziale dedicata all'edilizia scolastica, che prima non esisteva».
 
Ma perché Comuni e province non forniscono i dati? Non sarebbe più logico e rapido?
«I dati non vengono comunicati perché per gli Enti locali sarebbe come fare un'auto-denuncia. Molti sindaci eletti di recente non se la sentono di portare la croce per responsabilità precedenti alle quali si sentono estranei»

Così però pagano gli studenti. Possibile che non si sappia quanti dei 4800 istituti scolastici della Campania non sono a norma? s
«Mi limito a dire che la percentuale degli edifici campani a norma è in linea con la media nazionale, che è compresa tra il 35 e il 40 per cento. Ma non posso essere più precisa di così, perché come detto l'anagrafe scolastica è incompleta e speriamo di completarla entro un anno. In secondo luogo si tratterebbe di un riferimento non esaustivo dei rischi: faccio notare, ad esempio, che l'istituto professionale nel Casertano dove di recente è crollato un solaio, era un edificio a norma».

La Protezione civile ha spesso sollecitato interventi sulle scuole ai Comuni, ma senza risultato. Perché?
«L'esperienza di questi anni mi ha insegnato che spesso i comuni non hanno fondi dedicati all'edilizia scolastica».

Comuni e funzionari chiamano in causa il l Codice degli appalti. È un problema?
«Come più volte sottolineato dal governatore De Luca, le criticità esistono e sono rilevanti soprattutto nel caso di comuni di piccole dimensioni che non dispongono di competenze adeguate. Il risultato è che i progetti stentano a partire».
© RIPRODUZIONE RISERVATA