Napoli, ville e immobili ai centri sociali: de Magistris manda a casa i controllori

Napoli, ville e immobili ai centri sociali: de Magistris manda a casa i controllori
di Paolo Barbuto
Giovedì 22 Marzo 2018, 06:48
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Si avvicina il momento della svolta sul fronte dei beni comuni: l'annuncio delle novità s'è manifestato qualche giorno fa sotto forma di decreto sindacale. De Magistris ha preso carta e penna per mandare a casa i rappresentanti dell'Osservatorio permanente, nominati cinque anni fa, e annunciarne la sostituzione con undici nuove persone alle quali viene chiesto, fra l'altro, di «inaugurare un esperimento di creatività istituzionale che possa dare forma all'amministrazione diretta e ad altri innovativi esperimenti di autorganizzazione civica e di controllo popolare».

Proprio queste ultime due parole hanno fatto correre un brivido lungo la schiena ai detrattori del progetto dei beni comuni: controllo popolare è quel gruppo di militanti che in occasione delle ultime comunali ha presidiato i seggi per garantire pulizia del voto; quella stessa notte De Magistris, festante, si affacciò al balcone indossando proprio la maglia verde militare del gruppo. Controllo Popolare s'è presentato anche alle ultime politiche sotto il simbolo di «potere al popolo». Però il semplice utilizzo di due parole non può consentire a nessuno di trovare assonanze tra il decreto di De Magistris e il gruppo che fa capo all'Ex Opg occupato che proprio l'attuale Giunta ha aperto all'esperienza dei beni comuni.
 
Ma torniamo all'Osservatorio. Il gruppo dei membri sollevati dall'incarico comprendeva Alberto Lucarelli che ne era presidente, e una schiera di docenti universitari che all'epoca venne presentato con entusiasmo dal sindaco: «Di questo gruppo - scrisse sulla sua pagina social - faranno parte i professori Alberto Lucarelli, Gianfranco Borrelli, Lucio De Giovanni, Paolo Maddalena, Sergio Moccia, Tomaso Montanari e Marco Musella». L'Osservatorio (leggerete i dettagli nell'intervista all'ex presidente in questa stessa pagina) ha fatto un paio di interventi intensi, poi è rimasto in stand by: Palazzo San Giacomo non s'è fatto più sentire, nemmeno per dare il benservito ai professori che erano stati annunciati con tanta enfasi nel giorno dell'insediamento. L'unico a sbattere la porta in faccia all'Amministrazione era stato Tomaso Montanari che annunciò il suo disimpegno in polemica per la concessione del Plebiscito a una manifestazione pubblicitaria.

Ma se negli ultimi cinque anni il Comune non ha sentito il bisogno dell'Osservatorio, perché adesso decide di farlo ripartire con persone nuove? Il sindaco nel decreto firmato dal sindaco spiega che i membri saranno scelti dal sindaco. Anche se chiarisce che la scelta verrà effettuata solo tra «coloro che dimostrano di avere comprovate competenze in materia di beni comuni e nel campo dell'attivismo sociale». Ah, a proposito, la scelta delle persone verrà effettuata «previa individuazione mediante avviso pubblico», affinché avvenga tutto alla luce del sole.
Adesso, per fare definitiva chiarezza, occorre spiegare in due parole di cosa stiamo parlando. Il concetto di bene comune prevede che dal territorio, dalla gente, provenga una richiesta di concessione di un bene inutilizzato, perché esiste una relazione funzionale fra quel bene e le esigenze dei cittadini. Insomma, tanto per capirci: il concetto che sta alla base della vicenda non prevede blitz di occupazione di immobili né tantomeno bandi per offrire strutture ad associazioni o collettivi. Nessun atto violento né impositivo può decretare la concessione di un bene e nessun bene può essere affidato a un solo soggetto. Anzi, il Comune - hanno sottolineato i giuristi - ha l'obbligo di controllo serrato per evitare che qualcuno possa prendere il sopravvento e considerare la concessione come «personale»: in un bene comune ogni cittadino ha lo stesso diritto degli altri di portare avanti idee e progetti, ovviamente condivisi e legali.

Sapete qual è il motivo di tanta pignoleria nella descrizione fatta dai giuristi che hanno posto le basi alla vicenda? Si vuole evitare che un bene comune possa essere «calato dall'alto», destinato a qualcuno in cambio di favori politici o amministrativi. Insomma, spiega chi ha tradotto in norme il concetto di bene comune: questa vicenda non deve generare clientele né servire a conquistare simpatie elettorali.

Dato per assodato che la vicenda dei beni comuni deve partire «dal basso» e non essere imposta, sorge un dubbio sull'effettiva utilità di uno dei compiti che graveranno sul costituendo nuovo osservatorio «promuovere una mappatura dei beni inutilizzati o sottoutilizzati... al fine di proporre un loro riutilizzo per scopi culturali e sociali eccetera eccetera». Ribadiamo, secondo le norme non dovrebbe essere l'Amministrazione a individuare beni e a proporre idee di riutilizzo.
Qui torniamo sul terreno minato dei luoghi «invasi» e delle concessioni successive alle occupazioni. In città attualmente, si contano una trentina di edifici occupati, diciassette appartengono al Comune che ne ha garantito un utilizzo sociale. Molti di questi sono collegati a sigle che conducono a specifici gruppi anche se ufficialmente (e realmente) sono aperti a tutta la cittadinanza, molte delle sigle sono in qualche modo vicine al mondo della politica il che consente, a chi vuol pensare male, che possano esserci ombre sulle «concessioni» anche se di ombre non ce ne sono.

Sulla vicenda, invece, vede qualche ombra il consigliere comunale Andrea Santoro, di Fratelli d'Italia, tra i firmatari dell'esposto presentato un anno fa in Procura ed alla Corte dei Conti in cui erano elencati i 31 immobili occupati in città: «La gestione del patrimonio immobiliare pubblico è affidata in mani quantomeno poco esperte, quali quelle dell'attuale dirigente per la Valorizzazione che fino a ieri si è occupato di Cultura - sostiene Santoro - Gestione sempre più caratterizzata da scelte discutibili. La Napoli Servizi non riesce a procedere con le vendite perché gli uffici comunali ritardano le istruttorie. Nei prossimi giorni arricchiremo le denunce già presentate con ulteriori elementi che confermeranno la deriva disastrosa per le casse comunali».
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