Napoli, Verdoliva torna al Cardarelli e si commuove: l'abbraccio dei colleghi

Napoli, Verdoliva torna al Cardarelli e si commuove: l'abbraccio dei colleghi
di Ettore Mautone
Sabato 25 Novembre 2017, 09:15 - Ultimo agg. 09:16
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«Torno, sono di nuovo qui da direttore generale: ero sereno all'inizio di questa vicenda e lo sono ora. Se siete qui con il calore e l'affetto che mi dimostrate, vuol dire che ho seminato bene»: sono queste le prime parole pronunciate ieri, poco dopo le 15, dal manager del Cardarelli Ciro Verdoliva, tornato libero dopo la revoca degli arresti domiciliari.

Visibilmente emozionato, a distanza di poco più di due settimane dalla misura restrittiva scattata la mattina dell'8 novembre quando fu prelevato da agenti di polizia giudiziaria mentre era al lavoro nel suo ufficio - dopo essere stato forzatamente sottratto agli impegni quotidiani al timone del più grande ospedale del Mezzogiorno, il manager torna a varcare la soglia della direzione generale da uomo libero. È atteso da un nugolo di «cardarelliani» assiepati al primo piano, davanti alla sua stanza, e che arrivano fino al corridoio. Un percorso delimitato dalle grandi porte in legno delle sale monumentali che fa da accesso al suo ufficio. Ci sono il direttore sanitario aziendale Franco Paradiso (che ne ha vicariato le funzioni per tutto il periodo della sua assenza), quasi tutti i primari (tra essi Paolo Fedelini, che ieri ha festeggiato l'insediamento da primario dopo 10 anni di purgatorio da facente funzione), il suo staff, tanti dirigenti medici del pronto soccorso, alcuni rappresentanti del personale amministrativo. E poi numerosi infermieri e diversi operatori sociosanitari, la maggior parte in abiti civili. Tutti giunti in direzione generale alla spicciolata durante la mattinata, aspettando di smontare dal turno di lavoro.
 


Sin dalle prime ore della giornata nelle corsie dei reparti, tra il personale delle medicine e delle unità chirurgiche, al pronto soccorso e tra i viali dell'ospedale, sotto il cielo plumbeo di questo fine novembre che si avvia ai rigori dell'inverno, sono stati pochi i dettagli trapelati. La notizia del ritorno in sella del direttore generale aveva però subito fatto il giro dell'ospedale attraverso il tam-tam tra colleghi fino a varcare i confini delle mura in tufo del Cardarelli. Centinaia di sms e messaggini riverberati verso Palazzo Santa Lucia per avere ragguagli sul come e sul perché. Tanti hanno provato a raggiungere il manager sul telefono cellulare per saperne di più. Ma il suo telefono è rimasto muto in quanto ancora sotto sequestro, in attesa di essere restituito insieme alla libertà e alle funzioni. A tenere i contatti, tramite i familiari del manager, solo le guardie giurate. Tutti hanno saputo che Verdoliva sarebbe arrivato in ospedale nel primo pomeriggio, non appena il provvedimento di revoca dei domiciliari gli fosse stato ufficialmente notificato. E così è avvenuto.
 
Quando ha aperto la porta del corridoio che conduce al suo ufficio per almeno mezz'ora sono stati solo silenzi, lunghi abbracci, sguardi che dicono più di tante parole, ma anche grandi sorrisi, strette di mano e pacche sulle spalle. Qualche battuta sussurrata dagli amici più stretti a stemperare una tensione che in queste settimane di assenza era montata nella consapevolezza che a una grande squadra di clinici sarebbe mancato il supporto dell'allenatore. Quindi l'ingresso nel suo ufficio, il tavolo di cristallo, i divani azzurrini, l'invito ad entrare per un breve saluto, ma nessun commento sulla vicenda giudiziaria che lo ha visto protagonista. «Sono sereno, sono stato sereno e oggi ancora di più - dice Verdoliva con la voce rotta dall'emozione - questa squadra che mi ha accolto, mi ha fatto sentire capitano fin dal primo momento. Mi ha fatto capire che chi semina raccoglie, anche nei momenti difficili. Ho ritrovato un affetto che speravo ma che non credevo di ricevere con tale intensità. Voglio ringraziare innanzitutto il presidente della Regione Vincenzo De Luca, il direttore sanitario aziendale Franco Paradiso, il direttore amministrativo Anna Iervolino e tutti i cardarelliani. Questo ospedale ha un'anima, è forte, ha gli anticorpi a tutto, anche all'arresto del proprio direttore generale. Voglio ringraziare anche la Procura e la magistratura perché mi hanno dato la possibilità di dire la mia con grande tranquillità e clima sereno, con la voglia di ascoltare e capire. Ho avuto la revoca degli arresti domiciliari e dunque da questo momento m'insedio nuovamente come direttore generale del Cardarelli. Ci rimettiamo a lavorare, anzi mi rimetto a lavorare con la stessa lena e impegno di sempre». Il primo nodo che attende Verdoliva è l'emergenza sangue. Una penuria di tipo nazionale ma che evidentemente colpisce soprattutto i grandi ospedali a vocazione chirurgica come il Cardarelli.
Una carenza strutturale, dopo le spie accese dalla scorsa estate, stimabile in 1500-2mila sacche al mese, causata dal progressivo e inarrestabile affievolirsi delle forniture dell'Avis e finora affrontata con acquisti sul mercato extraregionale pagati circa 200 euro per ogni sacca. «Siamo mobilitati per contattare tutte le associazioni di volontariato accreditate ma serve una mobilitazione della cittadinanza per superare questo momento critico - ha concluso Paradiso - mi rivolgo alla generosità dei cittadini ricordando che non c'è alcuna distinzione di gruppo sanguigno e che ogni donazione può fare la differenza». Quindi le istruzioni per l'uso: chiunque vorrà donare il sangue potrà recarsi presso il Servizio Immunotrasfusionale del Cardarelli (al padiglione E piano 0), a digiuno o dopo una leggera colazione, dal lunedì al sabato dalle 8 alle 13. Dopo la trasfusione a ciascun donatore sarà offerta una colazione completa». Possono donare i cittadini che hanno compiuto i 18 anni e che non abbiano più di 60 anni. Per poter donare il sangue in sicurezza si deve avere un peso corporeo non inferiore ai 50 chilogrammi e uno stile di vita sano. Questo significa: nessun comportamento a rischio che possa compromettere la salute di chi dona o quella di chi riceve il sangue. L'idoneità verrà comunque stabilita mediante un colloquio personale e riservato, una valutazione clinica da parte di un medico e dopo aver effettuato gli esami di laboratorio previsti per garantire la sicurezza del donatore e del ricevente.

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