Napoli, favori e fatture gonfiate:
la truffa del pranzo dei poveri

Napoli, favori e fatture gonfiate: la truffa del pranzo dei poveri
di Pierluigi Frattasi
Venerdì 20 Aprile 2018, 23:00 - Ultimo agg. 21 Aprile, 10:57
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C’è anche il pranzo di Natale per i poveri alla Galleria Principe di Napoli del 2013 tra le truffe dei contributi alla Camera di Commercio di Napoli. Costi gonfiati e fatture pagate in ritardo, addirittura dopo aver ricevuto la sovvenzione. I soldi veicolati verso ditte amiche, che peraltro non lavoravano nel settore della ristorazione o degli addobbi, ma nel ramo abbigliamento. È lo scenario che emerge nella sentenza della Corte dei Conti della Campania sull’uso dei fondi alle imprese dell’ente camerale, al termine delle indagini dei pm contabili Ferruccio Capalbo e Chiara Vetro.

Nella bufera ci finisce anche il tradizionale evento di Natale per i bisognosi. Il pranzo di beneficenza, organizzato grazie al contributo della Camera di Commercio, per 21 anni si è tenuto alla Galleria Principe di Napoli, fino all’anno scorso, quando la manifestazione si è spostata alla Mostra d’Oltremare. All’evento del 2013, al quale l’ente camerale contribuì con una sovvenzione di 12mila euro, parteciparono oltre mille persone e 200 volontari. Adesso l’inchiesta della Corte dei Conti svela gli inaspettati retroscena dell’organizzazione, curata all’epoca dall’Associazione «Amici della Galleria», presieduta da Stefano Delli Santi Cimaglia Gonzaga, condannato per danno erariale da 12mila euro assieme a Lucio Barone Lumaga, ex presidente della Camera di Commercio di Napoli dal 1998 al 2000 e al vertice per un periodo anche di Confcommercio Napoli. Sentenza che potrà essere appellata. «Tutti gli elementi di prova raccolti - scrivono i giudici - confermano che il pranzo della vigilia di Natale 2013 tenutosi alla Galleria Principe di Napoli destinato ai poveri fosse stato strumentalizzato e il finanziamento, per il tramite di artifici, in tutto o in parte sviato dalla finalità sociale cui doveva essere destinato per essere invece veicolato a beneficio delle società legate a Lucio Barone Lumaga».

La storia è ricostruita negli atti della sentenza di oltre 400 pagine. Il 25 ottobre 2013 l’Associazione Amici della Galleria inviò alla Camera di Commercio la richiesta di sostegno per il pranzo di Natale per i poveri, per 14mila euro (di cui 12mila euro per il pranzo e l’allestimento, 800 euro per stampe, inviti e animazione, 700 per gli addobbi e 500 per fotografi, musica e box). Richiesta rafforzata da una lettera di Barone Lumaga lo stesso giorno. Il 21 novembre la Giunta camerale diede l’ok. E qualche giorno dopo l’Agripromos, azienda speciale dell’ente camerale, alla quale era stata affidata la gestione del programma di Natale a Napoli, comunicò all’Associazione il via libera per 12mila euro. Il regolamento all’epoca prevedeva che il contributo fosse pari al 50% delle spese rendicontate e documentate con bonifici. Il pranzo si tenne e il 20 marzo 2014 l’associazione inviò ad Agripromos la richiesta di pagamento, assieme «alla distinta delle spese sostenute e alla dichiarazione che per l’organizzazione dell’evento era stata sostenuta una spesa complessiva di oltre 25mila euro». Il contributo incassato il 23 aprile successivo. Dagli accertamenti degli investigatori, però, una delle due società «fin dal maggio 2013 era in liquidazione e risultava essere “inattiva”».

 

Inoltre aveva come «oggetto sociale il commercio di abbigliamento per adulti, apparendo pertanto più che mai anomalo - scrivono i giudici - che avesse effettuato operazioni come l’addobbo arredi, gruppo folcloristico e gruppo musicale».

Anche l’altra che aveva come oggetto sociale «l’abbigliamento per adulti, risultava avere fornito tovaglie, piatti, bicchieri, posate e 13 quintali di alimenti. Ma nonostante avesse fatturato la vendita degli alimenti non era stata in grado di esibire alcun documento di acquisto, trasporto o consegna». La conclusione dei giudici è che «non esiste prova che alla data del 20 marzo 2014 l’associazione Amici della Galleria avesse effettivamente sostenuto spese per 25.328 euro come invece indicato nella richiesta di liquidazione del contributo. Al contrario, c’è la prova documentale che almeno parte di quelle spese sia stata sostenuta dopo l’avvenuto pagamento del contributo».

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