Napoli, spari contro pasticceria Poppella, un avvertimento per tutti

Napoli, spari contro pasticceria Poppella, un avvertimento per tutti
di ​Daniela De Crescenzo
Sabato 25 Febbraio 2017, 00:01 - Ultimo agg. 00:16
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C’era una volta la Sanità: un quartiere omertoso, dominato da clan potenti e radicati sul territorio. C’era una volta, perché adesso non c’è più. Oggi da Santa Maria Antesecula ai Cristallini non si sogna più di diventare Giuseppe Misso, ma si punta a imitare Ciro Scognamillo, in arte Poppella. Perciò, concordano tutti, se spari a lui, se spari a «Ciro nostro» sei veramente un cretino. O magari sei solo un disperato. Alla Sanità, la vedono così: i Vastarella, il clan più antico e radicato sul territorio, continua a comandare nella zona Nord, quella delle Fontanelle. «Giù ai Vergini» invece dettano legge i Sequino. «Quelli di giù» sono impegnati a pieno ritmo nel commercio della droga, mentre «quelli di sopra» dopo una guerra sanguinosa contro gli Esposito, hanno bisogno di nuove armi, di killer e di affiliati. E quindi battono cassa con chiunque intaschi una lira, magari sconfinando anche nel territorio avversario. Ed è in questo quadro che nasce la sparatoria contro le vetrine di Poppella. Il racconto fila, e anche se nessuno ci vuole mettere un nome e un cognome «perché noi non siamo sbirri, le indagini le devono fare loro», la ricostruzione sembra coerente.

Una storia, quella dello sconfinamento, già vista mille volte. Ma questa volta magari c’è una novità. Anzi ce ne sono diverse. A pochi passi dalla pasticceria madre dell’osannato «fiocco di neve» c’è uno dei tanti negozi di abbigliamento che affollano il quartiere, si chiama Marylin e ha un buco proprio al centro della vetrina. «Me l’hanno fatto più di un anno fa – racconta la proprietaria – nel corso di una delle tante stese». Racconta, e non sembra per niente contenta. I raid colpiscono tutti, chi ha pagato il racket e chi non l’ha pagato. Ed allora, si domandano in tanti: «Che li sborso a fare questi soldi?».
 


E poi ci stanno le vittime innocenti. Genny Cesarano che è stato ammazzato il 6 settembre del 2015 solo perché si trovava nel posto sbagliato e Giovanni Catena è stato ferito due mesi dopo nella stessa piazza, quella che si apre davanti alla chiesa di San Vincenzo. Dopo il primo raid una schiera di mamme si presentò dal parroco, don Antonio Loffredo, e intimò: «Adesso devono accendere le telecamere: meglio se arrestano i nostri mariti che se ammazzano i nostri figli». E il rischio ci sta, visto che i proiettili volano pure in pieno giorno e anche dalle parti delle scuole.
Ciro Guida, eletto nel parlamentino della terza municipalità, un tempo lavorava in una delle tante fabbriche di pellami che arricchivano il quartiere. Poi è arrivata la globalizzazione e addio scarpe e borse. La globalizzazione, ma non solo: «Io credo che anche il racket abbia avuto un peso nel convincere tanti imprenditori a lasciare il quartiere – spiega - l’insicurezza, la necessità di fare ogni giorno i conti con i clan che pretendevano sempre più soldi hanno divorato tante piccole imprese». Lui, a più di quaranta anni è tornato a studiare e si è reinventato grafico, ma troppi non ce l’hanno fatta.

Giuseppe Giovinetti ha un negozio etnico proprio all’ingresso dei Vergini, vende anche i bicchieri prodotti da una importante fabbrica veneta: «Quando ho incontrato i manager per ottenere i prodotti, quelli hanno individuato su Google map la posizione del mio negozio e si sono entusiasmati notando che ci troviamo proprio accanto alla chiesa dei Crociferi e a cento metri dal palazzo dello Spagnolo. Io pensavo: «Se arrivano a Napoli e vedono in che degrado ci troviamo, cambiano idea subito». Fortunatamente non è successo. Ma quando come ieri si torna a sparare noi non incassiamo niente. Ieri dopo che hanno sparato contro Poppella potevo anche chiudere, tanto non è arrivato nessuno».

I clan sparano e i commercianti perdono soldi. Poi, però, si guardano intorno e vedono i ragazzi che diventano guide turistiche e guadagnano dal boom delle visite alle catacombe di San Gennaro, osservano le carovane dei turisti che arrivano trascinando trolley e puntano al cimitero delle Fontanelle, e cominciano a farsi due conti. «Qua con il turismo, magari campiamo pure noi», pensano. E allora come la mettiamo con lo spacciatore che presidia l’angolo vicino al negozio?

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