Napoli, spunta «Fuma Campania»
il pacchetto beffa del contrabbando

Napoli, spunta «Fuma Campania» il pacchetto beffa del contrabbando
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 26 Ottobre 2016, 00:05 - Ultimo agg. 17:01
4 Minuti di Lettura
Sono già in «commercio», nel senso che trovano posto nei banchetti clandestini messi in bella vista su strada. Al Borgo Sant’Antonio Abate come a Forcella, ma anche in molti altri posti della provincia. L’ultima trovata del contrabbando si chiama «Campania», e non è uno scherzo: perché si tratta del nome dato al pacchetto di sigarette da venti che viene venduto a tre euro illegalmente. «Campania» dice già tutto. E invece non basta: perché sul pacchetto confezionato chissà dove e da chi, compare addirittura lo stemma della Regione Campania. Fascia rossa obliqua su campo bianco. Ecco servita l’ultima truffa dei contrabbandieri.

A fare l’incredibile scoperta sono stati alcuni tabaccai, nei giorni scorsi in città. I quali si sono giustamente subito rivolti al presidente della loro Federazione provinciale, Francesco Marigliano. Si tratta ovviamente di «bionde», cioè di sigarette fasulle, anzi doppiamente fasulle; non solo perché vendute illecitamente, ma anche in quanto frutto frutto dell’ennesima contraffazione. Particolare non secondario: da quando sono state immesse nel circuito nessun organo di polizia - nemmeno la Guardia di Finanza - è ancora riuscito a sequestrarne una partita: segno evidente del fatto che si tratta di una novità, che manco a dirlo potrebbe vedere coinvolta anche la camorra. Spudoratamente false, quelle sigarette sembrano quasi una presa in giro, un tranello teso agli acquirenti creduloni, ai tabagisti incalliti che pur di risparmiare qualche euro si affidano al mercato illegale del tabacco.

Sul logo frontale compare una scritta accattivante: «From Italy Worldwide»; se invece si gira lateralmente il pacchetto, ecco altre indicazioni che sanno di beffa: «I minori non devono fumare», poi «Prodotto in Italia da Campania Srl», e infine «Prodotto non testato su animali» (come se le sigarette si testassero sulle povere bestie...). Fin qui la scoperta. Dopodiché iniziano le domande. La prima, che è anche la più importante: chi c’è dietro questa trovata? Poi: che cosa possono contenere quelle sigarette mai omologate né riconosciute dal Monopolio dello Stato? Ed ancora: a chi è venuta la stravagante idea di associare nientemeno che il logo dell’istituzione regionale ad una truffa così spudorata? La verità è che, girando per i crocevia del contrabbando cittadino, le «Campania» ci sono e si vendono pure. E allora proviamo a immaginare, in attesa che risposte ben più serie e ufficiali le diano le forze dell’ordine e la Procura, che cosa può esserci dietro questa trovata.

Un’organizzazione criminale, questo è certo: chi spaccia sigarette il cui contenuto e la cui qualità è sicuramente scadente gioca due volte con la salute dei consumatori. Immaginate se in un negozio si vendessero tranci di pesce andati a male o tagli di carne senza controlli. O magari anche del vino all’etanolo. Pensate dunque a quante sostanze tossiche può contenere ogni sigaretta di quel pacchetto. Fumare, si sa, fa male: ma fumare sostanze chimiche aggiunte a una qualche pessima qualità di tabacco è nocivo due, tre volte di più. Provate poi anche a immaginare la filiera produttiva di un simile prodotto illegale. C’è da scoprire la fabbrica dalla quale escono le stecche imballate, i tipografi che hanno curato l’etichettatura del prodotto, il circuito di distribuzione e, alla fine, il venditore al dettaglio.

Va da sé che dietro le «Campania» c’è un giro che fa vorticare un bel po’ di soldi.
Dei rischi legati al contrabbando, fenomeno criminale sempre più transnazionale e con interconnessioni che portano addirittura a legami con il terrorismo, si è parlato due giorni fa proprio a Napoli durante un convegno organizzato dalla Philip Morris. Nel 2015 l’Italia è stata tra le prime cinque nazioni nella Unione Europea a 28 Paesi per volume di sigarette contraffatte e contrabbandate con 4,6 miliardi di sigarette illegali che rappresentano il 5,8 per cento del consumo totale. Il nostro Paese sale addirittura al secondo posto se si prende in esame il solo consumo di prodotti contraffatti.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA