Napoli, case popolari ai camorristi:
«Io, dirigente minacciata di morte»

Napoli, case popolari ai camorristi: «Io, dirigente minacciata di morte»
di Pierluigi Frattasi
Sabato 25 Marzo 2017, 08:27 - Ultimo agg. 12:25
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«L'assegnazione delle case agli abitanti delle Vele non è stata un'esperienza facile. C'era un clima pesantissimo in quelle riunioni. Ho subito anche minacce di morte e assistito a situazioni tragiche, ma ho dato l'anima e ci ho messo davvero tutta la mia forza, il mio sapere e la faccia per essere il più imparziale possibile nello svolgere quel compito». Assunta Malinconico è il dirigente comunale del servizio Politiche per la Casa che ha firmato il diniego alle assegnazioni alle famiglie con reati di associazione di tipo camorristico poi ribaltato dall'avvocatura di Palazzo San Giacomo. Dirigente a contratto dal 2000, ha guidato prima l'ufficio Gare, poi quello Traporto Pubblico e ad interim anche l'Autoparco fino al 2011, quando è tornata funzionario. A ottobre 2015, la promozione a capo delle assegnazioni case popolari. Carica che ha rivestito fino allo scorso dicembre, quando non è stata riconfermata dall'amministrazione. Oggi è funzionario al Patrimonio. In Municipio ha la fama di dirigente integerrimo e di polso, in grado di gestire anche le situazioni più difficili. «Il caso delle Vele non è stato facile ammette - ho vissuto momenti tragici».


Cos'è accaduto?
«Facemmo la scelta degli abbinamenti degli alloggi la prima volta ad aprile, ma ci fu un arrembaggio e dovemmo sospendere per problemi di ordine pubblico. Abbiamo ripreso a novembre. Raccontarlo adesso è molto diverso dall'averlo vissuto. C'è stata grande tensione agli uffici di piazza Cavour. Abbiamo dovuto chiamare polizia e carabinieri. La presenza delle forze dell'ordine è stata quasi costante. In alcuni casi sono venute le ambulanze, perché c'era qualcuno che si sentiva male».

Quali erano i motivi di tensione?
«La scelta della casa, in primo luogo. Gli assegnatari pensano che il Comune sia come un'agenzia immobiliare, che si possa scegliere l'appartamento che piace di più. Metterli di fronte al fatto che la norma prevede precise tipologie, con metri quadrati stabiliti per quel nucleo familiare, non è facile. Gli alloggi nuovi di Scampia non sono tutti uguali. Ci sono le palazzine gialle su via Labriola, altre interne, e quelle su piazza della Socialità. Alcune hanno il terrazzino, altre no, ma nel complesso sono belle e dignitose: hanno il posto auto, il cantinato, quelle più grandi i doppi accessori. Decisamente meglio rispetto agli alloggi di fortuna delle Vele, senz'aria, bui. Alcuni, però, non volevano le case a piazza della Socialità, perché affacciavano sulle Vele. Altri hanno scelto la casa, ma quando l'hanno vista l'hanno rifiutata perché aveva il bagno cieco. Ma non solo».

Che altro?
«Abbiamo avuto problemi per i traslochi. Volevano che pagasse il Comune. Ma anche per stipulare i contratti delle utenze. Nelle Vele avevano gli allacci abusivi. Nelle case nuove questo è impossibile, perché i contatori sono a piano terra, collegati da remoto. Se gli assegnatari non venivano col contratto firmato, non gli davamo le chiavi. Hanno firmato tutti».

Com'è stato possibile assegnare delle case pubbliche a chi è coinvolto in reati di camorra?
«La legge regionale 18/97 non vieta di assegnare le case ai congiunti di chi ha reati associativi. Se così fosse, dovremmo sgomberare tutti gli assegnatari che abitano nelle case popolari che hanno delle sentenze definitive di condanna per associazione a delinquere o di stampo camorristico. E probabilmente, se si facessero delle verifiche, ne uscirebbero tanti. La norma oggi intende la casa alla stessa stregua dell'assistenza sanitaria o della scuola. Non si possono togliere questi diritti, anche a un camorrista».

E quali sono allora i motivi di decadenza?
«La legge del 97 la prevede solo in caso di morosità, se si è abbandonato l'alloggio, o se lo si è utilizzato per atti illeciti. Se, per esempio, ci comunicano che in quella casa è stato ricavato un covo di vendita di droga o è usata per attività clandestine. Ma se invece l'assegnatario o un familiare, fuori dalla casa, commette dei reati, purtroppo, se non cambia la legge regionale, non decade».

Però, in passato, l'ufficio ha respinto diverse richieste di famiglie con reati di camorra. Perché?
«Nel 2013 è intervenuta un'altra legge regionale sulle regolarizzazioni delle occupazioni abusive che ha escluso entrambi i coniugi che hanno reati come il 416, 416 bis o il 74 dalla sanatoria. È una legge speciale legata alle regolarizzazioni, ma all'ufficio fu dato un indirizzo per il quale estendemmo questa tipologia anche alle assegnazioni, alle volture e ai nuovi trasferimenti. Per cui, in questi casi, davamo sempre parere negativo. Ci sembrava più legittima questa interpretazione».

Perché nel caso delle Vele avete chiesto il parere all'avvocatura?
«Dopo una serie di pareri negativi cominciarono ad arrivare ricorsi di opposizione. In una riunione fu richiesto il parere dell'avvocatura per evitare un grosso contenzioso. I legali hanno chiarito lo stato della norma regionale».

Ora restano 42 alloggi da assegnare, ci sono altri casi simili?
«No, anche se ci sono altri casi con parere negativo. Qualcuno, ad esempio, è risultato titolare di altra casa. C'è chi ha fatto ricorso al Tar, che ha sospeso il diniego. Anche l'assegnazione è stata congelata in attesa di sentenza che dovrebbe arrivare in autunno».

Perché, crede, dopo 15 anni, non è stata riconfermata come dirigente?
«Non mi pongo questo problema.

Io ho presentato la mia candidatura. L'amministrazione è libera di scegliere chi vuole. Svolgerò il mio lavoro con dedizione e abnegazione come sempre».

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