Omicidio Genny. Un Popolo in cammino contro il Questore: «Non è la gente a essere omertosa ma lo Stato a essere inefficiente»

Omicidio Genny. Un Popolo in cammino contro il Questore: «Non è la gente a essere omertosa ma lo Stato a essere inefficiente»
Sabato 21 Gennaio 2017, 17:31 - Ultimo agg. 22 Gennaio, 00:03
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Alla Sanità si torna a sparare e i rappresentati di "Un popolo in Cammino" lanciano un comunicato per chiedere, ancora una volta, più sicurezza, ma anche per replicare al questore Guido Marino che ieri, dopo gli arresti dei killer di Genny Cesarano aveva detto: “La cosa spregevole è che i ragazzi che erano con lui quella notte li abbiamo dovuti snidare".

"In alcuni casi il silenzio sarebbe una virtù preziosa - è stato scritto oggi sulla pagina Facebook della comunità - Altrimenti si finisce con il fare figure grame e deprecabile, ridicole se non fosse che si giocano sulle spalle di tantissima gente. E' il caso dei responsabili dell'ordine pubblico a Napoli, questore e prefetto in testa, che ieri tuonavano sui giornali attribuendosi il grande merito di aver individuato dopo un anno e mezzo i responsabili della morte di Genny Cesarano, applaudendo alla grande solerzia delle forze dell'ordine e condannando l'omertà dei cittadini di Napoli che ne ostacola il lavoro.
 


L'autocompiacimento è durato poche ore:  stanotte nel quartiere Sanità si è tornati a sparare, a pochi passi dalla statua commemorativa di Genny, di fronte al presidio militare che, da mesi, fa bella mostra di sé a Piazza San Vincenzo e che anche stanotte, puntualmente, ha dimostrato la sua totale inutilità. A pagare un altro giovanissimo, un pizzaiolo di ventuno anni - per fortuna soltanto ferito e ormai fuori pericolo - che, però, per i giornali è solo "uno straniero" (senza nemmeno prendersi la briga di precisarne le origini), come se in qualche modo il dato rendesse più sopportabile la vicenda".

E poi su Facebook gli esponenti del movimento nato proprio dopo la morte di Genny Cesarano spiegano: "Commentiamo la notizia mentre siamo impegnati in piazza per una giornata dedicata al ricordo di Genny, insieme a tante realtà di base del quartiere e tanti giovani che stanno animando questa giornata insieme a noi.

In piazza, d'altronde, ci siamo da più di un anno, insieme a centinaia di persone del quartiere: quelle persone che si organizzarono a poche ore dall'omicidio di Genny e costruirono un corteo partecipatissimo aperto da uno striscione semplice e chiaro "No alla camorra" e che oggi il Questore di Napoli definisce "spregevoli omertosi".Quelle persone che non sono mai tornate a casa, che nel dicembre 2015 riuscirono a portare 10.000 persone in piazza al centro storico per manifestare pubblicamente contro il nodo di poteri criminali che, nella nostra terra, tengono insieme mafie, malapolitica e pezzi dell'economia formale. Quelle persone che poco più di un mese fa erano ancora in piazza, a migliaia, grazie soprattutto all'apporto di tante scuole del territorio in cui i giovanissimi si interrogano su un futuro libero dalle camorre".

E poi l'affondo durissimo:  "Quelle persone che hanno visto il prefetto di Napoli sbattergli letteralmente la porta in faccia, senza nemmeno capirne le richieste: scuole aperte, lavoro dignitoso, investimenti, welfare, reddito di base. Questi - e non i fantocci in tuta mimetica che il Ministero dell'Interno ha distribuito in città per far finta di adoperarsi - sono gli unici strumenti in grado di sconfiggere le camorre. Di queste cose migliaia di cittadini parlano da tempo: in questura, in prefettura, però, non hanno il tempo di ascoltarci.

Preferiscono perdere tempo ad insultare i cittadini terrorizzati, addossando a loro la propria inettitudine.
Preferiscono fingere che vada tutto bene fino, girandosi dall'altra parte quando possono e calpestando il lavoro delle realtà di quartiere quando non è più possibile girarsi. Oggi nella Sanità si spara ancora. Oggi nella Sanità i cittadini sono ancora in piazza. Tra il rumore degli spari e il rumore di chi protesta, più assordante ancora c'è solo il silenzio dello Stato".

Commentiamo la notizia mentre siamo impegnati in piazza per una giornata dedicata al ricordo di Genny, insieme a tante realtà di base del quartiere e tanti giovani che stanno animando questa giornata insieme a noi.
In piazza, d'altronde, ci siamo da più di un anno, insieme a centinaia di persone del quartiere: quelle persone che si organizzarono a poche ore dall'omicidio di Genny e costruirono un corteo partecipatissimo aperto da uno striscione semplice e chiaro "No alla camorra" e che oggi il Questore di Napoli definisce "spregevoli omertosi".

Quelle persone che non sono mai tornate a casa, che nel dicembre 2015 riuscirono a portare 10.000 persone in piazza al centro storico per manifestare pubblicamente contro il nodo di poteri criminali che, nella nostra terra, tengono insieme mafie, malapolitica e pezzi dell'economia formale.

Quelle persone che poco più di un mese fa erano ancora in piazza, a migliaia, grazie soprattutto all'apporto di tante scuole del territorio in cui i giovanissimi si interrogano su un futuro libero dalle camorre. Quelle persone che hanno visto il prefetto di Napoli sbattergli letteralmente la porta in faccia, senza nemmeno capirne le richieste: scuole aperte, lavoro dignitoso, investimenti, welfare, reddito di base. Questi - e non i fantocci in tuta mimetica che il Ministero dell'Interno ha distribuito in città per far finta di adoperarsi - sono gli unici strumenti in grado di sconfiggere le camorre.

Di queste cose migliaia di cittadini parlano da tempo: in questura, in prefettura, però, non hanno il tempo di ascoltarci. Preferiscono perdere tempo ad insultare i cittadini terrorizzati, addossando a loro la propria inettitudine.
Preferiscono fingere che vada tutto bene fino, girandosi dall'altra parte quando possono e calpestando il lavoro delle realtà di quartiere quando non è più possibile girarsi. Oggi nella Sanità si spara ancora. Oggi nella Sanità i cittadini sono ancora in piazza. Tra il rumore degli spari e il rumore di chi protesta, più assordante ancora c'è solo il silenzio dello Stato.
 

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