L'accusa dei medici: «Troppi tagli, così muore l'ospedale San Giovanni Bosco»

L'accusa dei medici: «Troppi tagli, così muore l'ospedale San Giovanni Bosco»
di Ettore Mautone
Mercoledì 14 Novembre 2018, 09:02 - Ultimo agg. 12:08
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Ammalata ricoperta di formiche al San Giovanni Bosco: dopo il clamore mediatico e la pioggia di commenti, accuse e dichiarazioni rese a caldo dai fronti politici e sindacali si leva ora la voce della rappresentanza della dirigenza medica che quest'estate, in prefettura, aveva affrontato i principali nodi sul tappeto. Ma di cosa si era parlato nel vertice in Prefettura a Ferragosto tra azienda e sindacati? Quali, nel merito, le denunce, quali le richieste e le proposte per migliorare l'assistenza? Nel verbale stilato all'indomani di quella riunione si faceva riferimento alla ormai nota dolente di un ospedale del mare catalizzatore di risorse organizzative, umane e tecnologiche a discapito delle altre articolazioni aziendali. E così in tutti gli ospedali energie e risorse residue sono state progressivamente concentrate nei pronto soccorso con la penalizzazione delle attività di ricovero mediche e chirurgiche programmate. In questi termini i sindacati, pur considerando positivo e strategico l'avvio dell'ospedale del mare, hanno poi acceso i riflettori sul progressivo maggiore affanno nelle attività in corsia e nei reparti specialistici degli altri ospedali cittadini. Qui ogni giorno medici e chirurghi sono chiamati a tamponare le continue falle che si aprono nei pronto soccorso degli ospedali di frontiera, tra cui in particolare il San Paolo e il San Giovanni Bosco. E dunque per questo distratti dai propri reparti. Un passaggio quest'ultimo che assume rilevanza rispetto alle modalità con cui l'evento acuto delle formiche al letto della paziente del San Giovanni Bosco sono poi maturati.
 
«Di fronte a fatti di tali gravità - dice Ermanno Scognamiglio, delegato provinciale della Cimo - le responsabilità vanno cercate a tutti i livelli e con rigore ma riteniamo inutile riproporre lo schema già visto del capro espiatorio di turno, frettolosamente additato alla pubblica opinione per dimostrare di usare il pugno duro. Insieme a tutti gli altri sindacati della dirigenza sanitaria, anche nell'ultimo vertice in Prefettura chiesto quest'estate abbiamo denunciato il grave degrado cui è stata portata l'azienda sanitaria napoletana a seguito di anni di tagli e di blocco del turn-over. La rete ospedaliera è ridotta ai minimi termini sul piano clinico-assistenziale e strutturale-organizzativo. Negli ultimi anni abbiamo assistito a direzioni spesso assimilabili a gestioni liquidatore del patrimonio di professionalità e dei livelli di assistenza».

Anche L'Anaao per voce di Enzo Bencivenga leader regionale del sindacato, chiede con forza provvedimenti urgenti, decisi e strutturali affinché tutti i presidi ospedalieri campani «possano diventare ospedali sicuri ed episodi del genere possano essere una molla per cambiare rotta piuttosto che un mero gioco di scarico di responsabilità nocivo per tutti. La figura del medico capro espiatorio e agnello sacrificale sembra solo un mezzo per distrarre l'opinione pubblica rispetto alle gravi responsabilità di una politica sanitaria tesa al risparmio». Dito puntato sui turni massacranti «in barba alla normativa europea che stabilisce che un medico non può lavorare più di 11 ore consecutive» e sulle carenze di organico «tali di rendere difficoltosa una corretta gestione dell'assistenza ( nella fattispecie un solo medico di guardia per ogni 50 pazienti ricoverati).

In prefettura, i sindacati due mesi e mezzo fa, indicarono le principali aree di crisi. Tra queste la mancanza di personale e tecnologie adeguate nei pronto soccorso di frontiera, le tante caselle scoperte per i responsabili di reparti e servizi, i concorsi per primario al palo e riservati quasi esclusivamente all'ospedale del Mare. Infine le procedure di reclutamento del personale troppo lente e farraginose e la distribuzione del personale che sarebbe «iniqua e non misurata sugli effettivi carichi di lavoro». Così l'attività di gestione del personale «sottesa a criteri di mera discrezionalità e non rispondente alle priorità delle varie realtà ospedaliere». Dito puntato, infine, sul rischio di perdere il patrimonio di professionalità specialistiche riferendosi al polo materno infantile del Loreto mare di là da venire.
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