Napoli, il monito del questore Marino:
«I cittadini vincano la paura»

Napoli, il monito del questore Marino: «I cittadini vincano la paura»
di Pietro Treccagnoli
Lunedì 23 Gennaio 2017, 08:18 - Ultimo agg. 13:31
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Il questore Guido Marino ha fama di uomo che non le manda a dire. E lo ha confermato anche quando, annunciando l’arresto dei presunti assassini di Genny Cesarano morto nel raid del settembre 2015 alla Sanità, ha stigmatizzato «la spregevole reticenza» di chi ha visto e non ha parlato, a cominciare dagli amici del diciassettenne ucciso. Si è scatenato un putiferio. Ma il sasso nello stagno è stato lanciato e ha prodotto effetti.

 


Signor questore, può spiegarci meglio la «spregevole reticenza» di cui ha parlato?
«Ecco: ho parlato di reticenza e non di omertà o di paura. C’è una differenza sostanziale».
Ce la chiarisce?
«L’omertoso è connivente. Il reticente spesso può solo avere paura, ma comunque non collabora e ostacola le indagini. Rinuncia a dire quello che sa persino quando, di fronte alla morte di un amico, il buon senso, la morale, l’amicizia, l’onore, la dignità dovrebbero stimolarlo a uscire dalla paura, dalla reticenza, dall’indifferenza. Non ho mai usato la parola omertà, perché non ho mai pensato che il napoletano sia omertoso».
È facile pretendere che si vinca la paura non vivendo fianco a fianco con la criminalità. Nessuna giustificazione alla reticenza. Non crede che piuttosto occorra fare i conti anche con la paura?
«Se mio figlio fosse stato in compagnia di Genny Cesarano gli avrei ordinato di dire tutto quello che sapeva e che aveva visto, poco o tanto che fosse. Questo non significa voler sapere il nome di mandanti ed esecutori, ma molto meno: almeno dei dettagli per ricostruire i fatti. Nessuno pretende atti di eroismo dai cittadini, né che vengano ad immolarsi alla Squadra Mobile o alla Procura, perché non serve, come non serve insistere con il ritornello ipocrita e retorico in base al quale lo Stato è assente».
Alla Sanità in tanti sono convinti che lo Stato li abbia abbandonati e, di fronte ai raid, lei non teme che possano sentirsi autorizzati a pensarlo ancor di più?
«In questi giorni ho letto che tutto il rione Sanità sapeva chi avesse ucciso Genny. Peccato che nessuno abbia avuto il coraggio, abbia sentito il bisogno di dire quello che aveva visto o che sapeva. Se questo fosse vero, la conclusione sarebbe che tutti inconsapevolmente, e per la loro parte, hanno dato una mano a chi ha ucciso Genny. Ebbene, quando la gente sentirà il bisogno di parlare e si farà viva e un poliziotto o un rappresentante delle forze dell’ordine non lo ascolterà attentamente, allora si potrà dire che lo Stato è assente. La verità è che l’unico assente è il cittadino, non è lo Stato».
Forse chi è onesto ha paura di esporsi perché non si sente adeguatamente protetto.
«Si faccia avanti chi può affermare che un organo dello Stato abbia negato protezione, tutela o sicurezza a un cittadino che ne aveva bisogno. Invece si sbraita all’indomani di ogni delitto, seguendo un copione che francamente non fa neanche più effetto».
Però chi rompe il muro della reticenza, come ad esempio il salumiere della Duchesca, Ciro Scarciello, che ha denunciato l’illegalità del suo rione, viene isolato, perde i clienti, si sente costretto ad abbandonare il quartiere.
«Che cosa ha fatto di tanto sconvolgente il salumiere della Duchesca?».
Una cosa banalissima, ma che in certe zone di Napoli è rara: ha parlato.
«Ha parlato con giornalisti davanti alle telecamere, ma poi quando è stato chiamato dalla Squadra Mobile non ha detto una parola. Qual è allora il suo senso civico?».
Anche in questo caso sarà scattata la paura, non crede?
«Ma quale paura? Qui si tratta di scegliere tra la paura di quei quattro smidollati che vanno sparando oppure la paura dello Stato che, secondo qualcuno, non sarebbe in grado di garantire la propria presenza. I fatti, la Storia, dimostrano il contrario. Possiamo sostenere che si può e si deve fare di più, certo, ma è cosa ben diversa dal continuare a ripetere il ritornello idiota che non c’è lo Stato. È falso, è spudoratamente falso. Ci spiegassero quale parte di Stato è assente. Glielo ripeto io: il cittadino».
Però alla Sanità, alla Duchesca e in altri quartieri di Napoli o in altre città del Sud sia la reticenza che l’omertà sono un elemento noto, storico. Evocarla in ogni occasione non è un facile alibi?
«Non è un alibi, è la realtà documentata, consegnata a decine di sentenze».
L’omertà o la reticenza si mettono nel conto e si cercano altre strade per arrivare ai colpevoli. Non crede?
«Nel caso di Genny se avessimo potuto contare anche sul contributo di chi quella sera stava con il ragazzo forse saremmo potuti arrivare a individuare gli autori del raid prima che si pentisse Carlo Lo Russo. Le indagini della polizia vanno comunque avanti con o senza il contributo del cittadino che ha paura o che si dimostra coraggioso. E nessun poliziotto ha interesse a sovraesporre un testimone. Purtroppo la collaborazione spesso manca persino a livello informale, prima ancora che con le denunce. Se quattro ragazzini, più o meno coetanei di Genny, devono essere letteralmente snidati a casa, e né loro né quegli irresponsabili dei genitori danno una mano in una vicenda così grave, siamo ben oltre la paura e la reticenza».
Si torna a un punto-chiave: chi è spinto a parlare, tace sapendo che deve continuare a vivere alla Sanità, vicino a quella gente. Nessuna giustificazione, ma è una reazione che va analizzata. La paura non è un ragionamento logico, ma un sentimento umano.
«Assolutamente sì. Però, proprio perché la paura è un sentimento umano occorre trovare il modo per controllarla, per superarla, reagendo. C’è una sola ricetta per superare la reticenza e l’indifferenza: stare dalla parte della legge. Senza deroghe, altrimenti diventa tutto più complicato. Occorre scegliere da che parte stare. Ed è una scelta che non può partire dall’appello del questore, del cardinale o di Maradona o del procuratore. Ne sono stati fatti fin troppo. Chi sceglie di non collaborare con la giustizia perde il diritto di protestare, di lamentarsi, di indignarsi. Posso protestare se faccio il mio dovere».
La scelta di stare dalla parte dello Stato, di collaborare va incoraggiata. C’è un altro grimaldello per rompere la serratura del silenzio?
«Non invoco un coraggio sovrumano, ma un briciolo di coerenza. Il cittadino deve convincersi che si può, anzi si deve, fidare della polizia. La reticenza, l’indifferenza o la diffidenza non sono una maledizione che la Sanità o Forcella si portano dietro. Se gli abitanti di questi rioni capissero che chi delinque non la fa franca allora le reazioni e i sentimenti cambierebbero».
Chi delinque purtroppo la fa franca troppo spesso.
«Si invoca continuamente la certezza della pena. Bene, siamo tutti d’accordo. Ma evitiamo che diventi l’ennesimo ritornello per non fare nulla. In attesa che la certezza della pena diventi una realtà consolidata che si fa? Ci guardiamo in faccia? In attesa che un genitore irresponsabile impari a controllare suo figlio che si fa? Ci guardiamo in faccia? Intanto si agisce. Noi e i cittadini».

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