Il commando armato entra in azione poco dopo delle tre di un pomeriggio di sole. A Miano, tra le stradine strette del centro storico che un tempo era il «feudo» di una della più potente famiglia di camorristi qui a Napoli - i Lo Russo - si consuma il secondo atto della mattanza che riporta il capoluogo campano sul palcoscenico della paura. Solo poche ore prima, a Chiaia, è stato assassinato un altro pregiudicato. I killer hanno una missione precisa: devono eseguire una doppia sentenza di morte. E ci riescono con fredda, feroce precisione. Venti colpi di pistola. Sotto i colpi di due pistole calibro nove cadono zio e nipote: si chiamavano entrambi Carlo Nappello, ed avevano rispettivamente 44 e 22 anni.
L'agguato si consuma in vico Vincenzo Valente, un budello lungo e stretto che sfocia direttamente sulla trafficata via Miano; un luogo ideale per compiere un'azione di sangue perché non offre vie di fuga alle vittime. E difatti è così. I due Nappello cadono sotto il fuoco incrociato dei killer. Almeno venti i bossoli ritrovati sul terreno. Ma procediamo con ordine. Mancano pochi minuti alle quattro del pomeriggio quando zio e nipote salgono in sella ad uno scooter Honda Sh bianco. Senza indossare il casco - da queste parti non si usa - iniziano a percorrere vico Valente. Forse stanno andando a un appuntamento, forse devono incontrare qualcuno di cui si fidano: di certo non sanno che dietro quell'appuntamento si nasconde una trappola mortale. Sarà la loro ultima corsa in moto. Da una traversa laterale spuntano due ciclomotori che seguono a breve distanza l'Honda Sh, mentre dal lato opposto incrociano altri due scooter. Il raid è pianificato nei dettagli e assume quasi i contorni di un'azione militare. Quando sono a tiro, i sicari estraggono le armi e le scaricano sui bersagli. Colpi micidiali, alla testa, al petto e alle spalle: segno che non era consentito sbagliare, e che i due Nappello dovevano morire.
Subito dopo la fuga a tutto gas dei sicari. Cala il silenzio, a vico Valente restano solo la desolazione e la morte. Le urla delle donne che vedono i corpi martoriati dei due uomini spezzano quel surreale silenzio. Poi arrivano i carabinieri, iniziano gli accertamenti e partono le indagini. Nappello senior non risulta pregiudicato, contrariamente a suo nipote, segnalato invece per reati legati ad armi e droga. Nessuna condanna penale associativa: ma questo significa poco, perché il duplice omicidio di Miano si inquadra in una chiara matrice camorristica. Ed è un altro delitto «eccellente»: perché colpisce il cuore della famiglia ritenuta l'erede del clan Lo Russo, e quella che comanda sul serio oggi a Miano. Solo tre giorni fa la Direzione distrettuale antimafia di Napoli aveva chiesto e ottenuto sei ordinanze cautelari nei confronti di altrettanti presunti affiliati alla cosca Nappello: rastrellavano il territorio e riscuotevano le rate del «pizzo» per conto della famiglia. Questo per dire che i Nappello contano, eccome, sul territorio. Valerio Nappello, fratello e zio delle due vittime, era uno dei luogotenenti di Mario Lo Russo, quando «i Capitoni» sedevano nel gotha degli organigrammi criminali cittadini.
Poi - dopo l'ultimo arresto - il boss decise di pentirsi. E i suoi fratelli e nipoti lo seguirono a ruota, sebbene dopo anni: e da allora quella che era una delle cosche più potenti incominciò a sfaldarsi, fino a evaporare.