Se a Napoli il trasporto si scioglie come la neve

di ​Ernesto Mazzetti
Martedì 27 Febbraio 2018, 10:09 - Ultimo agg. 10:10
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L’amico che doveva incontrarmi stamane m'ha telefonato per dirmi che non poteva muoversi. «Non preoccuparti. gli ho detto - Anche io mi sento un po' raffreddato». «Ma no, io sto benissimo ha replicato Invece pare che si siano ammalati tutti i dipendenti della funicolare di Mergellina. L'hanno addirittura chiusa. Come sai non guido, e non posso muovermi da via Manzoni». «Sei sicuro? ho obiettato Può essere una fake news». «In tv - ho proseguito - avevano pure detto che per la neve a Roma erano chiusi tutti gli uffici pubblici. Ma poi hanno dovuto smentire di corsa perché dalla Prefettura hanno comunicato piuttosto incazzati che non era vero niente e che avrebbero denunciato chi aveva messo in giro la voce!». «No, no, - ha concluso il mio amico - altro che fake news: la funicolare è proprio chiusa. Spero che riapra domani!».

Sarà che la mitezza del clima mediterraneo ci rende più vulnerabili alle avversità climatiche. Ma oggi (ieri per chi legge) che berlinesi, viennesi, ed anche torinesi e milanesi sono stati raggiunti da temperature sotto zero, nevicate e soffi di «buran», certo è che non s'è avuta notizia di particolari disagi nel funzionamento dei pubblici trasporti. Soltanto a Roma, metropolitana ed autobus hanno subito rallentamenti e sussulti, ma più per gli effetti del maltempo sulla percorribilità di strade e rotaie che non per epidemie influenzali del personale. E si sa che nella Capitale i dipendenti comunali quanto a resistenza fisica risultano mediamente più fragili di quelli napoletani. 

Pur non essendone più utente abituale conservo affezione per le nostre funicolari. Ne sono stato un fedele utente nella mia giovinezza vomerese. In tempi in cui il motorino non era alla portata di tutti, la Centrale mi dava accesso al cuore della vita urbana. Quella di Montesanto era la prima tappa dei viaggi estivi che, grazie alla Ferrovia Cumana, si concludevano sulle spiagge di Lucrino. Quella di Chiaia, quando i miei cambiarono casa, mi consentiva quotidiano pendolarismo col liceo cui rimanevo fedele, il Sannazzaro. Tutte un po' vecchie, queste funicolari. Addirittura ottocentesche quelle di Chiaia e Montesanto. E comunque anteguerra le altre due. Eppure essenziali per la mobilità urbana. Alla quale mi era sempre sembrato provvedessero senza problemi.

Sono cominciati, i problemi, quando da una trentina d'anni a questa parte s'è palesata la necessità d'ammodernarle. Via le vecchie carrozze lignee; nuovi motori, funi, sistemi di controllo. E soprattutto nuovi criteri di gestione. Tanti passaggi, nel nascere e morire di sigle e acquisizione di responsabilità da parte di sempre rinnovate società pubbliche. Ora fanno parte tutte, così come autobus e metropolitana, dell'Anm, azienda napoletana della mobilità. Una mobilità, nel caso delle funicolari, che s'è rivelata spesso precaria. Con soste più o meno prolungate per ciascuna di esse. Ed anche per controversie sindacali. Così pure, come per gli effetti della crisi finanziaria della società comunale di gestione, indotta a ridurre all'osso il personale.

Ed eccoci al punto dal quale presumo derivi l'interruzione che ha colpito da stamane la funicolare di Mergellina, e che ha costretto per molte ore la Centrale a non osservare le fermate intermedie. Basta un po' di freddo in più e qualche fiocco di neve che, affievolendo lo stato fisico d'una quota di dipendenti, in assenza di rincalzi, perché l'intero servizio vada in tilt. Funicolari senza personale! Mi ricorda l'invettiva che le due gentildonne protagoniste di «Miseria e nobiltà» si scambiano in un diverbio: «Funiculare senza currente!». Ovvero persona inetta, incapace. Sostanzialmente inutile. Ma povere le nostre funicolari: «senza currente» è l'appellativo che andrebbe rivolto soprattutto a quanti sono preposti al loro funzionamento. E non solo i dipendenti. Anche chi sta più, e dovrebbe farsi carico d'una loro efficace gestione. Nessuno escluso; a cominciare dal sindaco cui talvolta sfugge che anche in una «città ribelle» quale egli la vagheggia, i trasporti andrebbero sempre assicurati.
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