Carabinieri: torna a Napoli Tomasone, il detective delle maxi-inchieste

Carabinieri: torna a Napoli Tomasone, il detective delle maxi-inchieste
di Gigi Di Fiore
Giovedì 11 Gennaio 2018, 08:03 - Ultimo agg. 14:56
3 Minuti di Lettura
Lunedì scorso, in borghese, camminava da solo a Chiaia e ritrovava luoghi, respirava atmosfere lasciate 25 anni fa. Vittorio Tomasone torna a Napoli, ci torna da generale di corpo d'armata al vertice del comando interregionale Ogaden. Stamattina, il cambio della guardia con il generale Giovanni Nistri, nominato comandante dell'Arma dei carabinieri.
L'accento è ormai laziale, le origini di Altavilla Irpina non si avvertono più nei toni. Torna a Napoli a 63 anni, dopo un quarto di secolo di prestigiosa carriera, e molti ricordano che, da investigatore, è stato protagonista di difficili stagioni napoletane. Gli anni degli inizi di tangentopoli, delle inchieste su pericolosi clan di camorra tra Napoli, la provincia e Caserta.
Il capitano, poi maggiore, Tomasone lo ricordano quasi tutti come il comandante del nucleo operativo della provincia. Utilizzava informatori, ma anche metodi avanzati con trucchi da infiltrati e microspie ben collocate. Fu clamoroso l'arresto del presidente della circoscrizione Montecalvario a Napoli per una mazzetta sostanziosa sui lavori post-terremoto. E poi l'inchiesta sull'allora potentissimo assessore comunale socialista con più deleghe, Silvano Masciari. E gli accertamenti sul voto di scambio, su delega dei giovanissimi sostituti dell'allora Procura circondariale, Enzo Piscitelli (oggi aggiunto a Napoli) e Francesco Menditto (oggi procuratore capo a Tivoli), che portarono a indagare sui cosiddetti vicerè di Napoli: Paolo Cirino Pomicino, Giulio Di Donato, Franco De Lorenzo.
Un comandante scomodo, che indagava sui clan del Rione Traiano e di Forcella, arrestò il boss di Secondigliano, Gennaro Licciardi, accolse in caserma uno spaventato Luigi Basile, guardaspalle di Antonio Bardellino, boss dei Casalesi, che si consegnò terrorizzato temendo di essere ammazzato. Nelle inchieste per droga, incappò anche sui pusher che rifornivano la cocaina a Maradona allora al massimo della popolarità e dell'impunità dopo il secondo scudetto e la coppa Uefa vinti dal Napoli. Altre stagioni, con altri potenti. E Tomasone subì anche colpi bassi, che furono denunciati in una interrogazione parlamentare di Anna Finocchiaro che chiese «iniziative a tutela della dignità e del prestigio del maggiore Tomasone».
Torna alla Ogaden e troverà a capo della Procura Gianni Melillo, allora 32enne sostituto già impegnato in inchieste di camorra. Un generale, che a Napoli ha studiato alla Nunziatella, proprio come il suo predecessore Nistri. E stamattina, al cambio della guardia, ci saranno anche alcuni allievi della scuola militare di Pizzofalcone. Ricorda, qualcuno gli stringe la mano riconoscendolo. Dopo Napoli, una carriera in ascesa: comandante del battaglione allievi ufficiali di Chieti, comandante provinciale a Latina, del reparto operativo a Roma. Poi, al vertice della Dia, della Legione carabinieri dell'Emilia Romagna, comandante provinciale a Palermo e a Roma fino alla direzione della scuola allievi ufficiali.

 

Deciso, ma dai modi sempre signorili, appassionato di autori classici latini, amante del mare, della cucina e della pittura napoletana dell'800, Tomasone è sposato e ha un figlio laureato in giurisprudenza. Da carabiniere, cresciuto non solo alla Nunziatella ma anche all'Accademia di Modena, è rispettoso di gerarchie e ruoli. «Non sono ancora, fino al cambio ufficiale, il comandante della Ogaden» si schermisce. Pochi ricordano che, quando era a Roma, Franco Roberti, allora alla Dda di Napoli, gli chiese di parlare con Luigi Giuliano, boss di Forcella detenuto, che aveva chiesto «del maggiore». Giuliano tentennava, non aveva ancora deciso di pentirsi. Tomasone, che aveva indagato su Forcella, gli parlò chiaro e, forse, lo convinse. Anche Lovigino iniziò a collaborare con la giustizia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA