«Rogo a Città della Scienza
per denaro e per vendetta»

«Rogo a Città della Scienza per denaro e per vendetta»
di Viviana Lanza
Sabato 27 Maggio 2017, 09:01
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Lo stralcio di una intercettazione in cui si dice che «con l'incendio non abbiamo fatto niente» e che «non la possono passare così liscia». E poi, i due negozi aperti dopo le dimissioni del 2014, il trattamento preferenziale ottenuto nell'organizzazione dei turni di lavoro nel periodo della cassa integrazione, la retribuzione mensile in contanti ricevuta in modo riservato e all'insaputa dei colleghi. È su questi elementi che poggia la condanna di Paolo Cammarota, l'addetto alla vigilanza di Città della Scienza, l'ex dipendente della Fondazione Idis che è unico imputato per il rogo che la sera del 4 marzo 2013 danneggiò gravemente la struttura di via Coroglio, a Bagnoli. Il giudice Maria Aschettino, che ha processato Cammarota con rito abbreviato condannandolo a una pena di sei anni di reclusione, ha depositato i motivi della sentenza. In oltre 50 pagine ripercorre le tappe del breve processo, e quelle dell'inchiesta da cui è nato che fu un'indagine lunga e difficile.


Per il giudice gli indizi a carico di Cammarota sono «gravi, precisi e concordanti» ma sulla vicenda restano ancora tante ombre. Il verdetto spiega perché sarebbe stato l'imputato ad appiccare il rogo a Città della Scienza, agendo con complici ancora da identificare, e in un contesto di presunta malagestio della Fondazione. Scrive il giudice: «Le indagini hanno dimostrato il disordine nella gestione economica della Fondazione, all'origine della scelta di disertare una riunione con esponenti del governo dove al secondo punto dell'ordine del giorno era stata posta la gestione economica dell'ente; la carenza di liquidità finanziaria dell'ente in arretrato nel pagamento delle mensilità ai dipendenti e in procinto di chiedere interventi pubblici al fine di mantenere i livelli occupazionali o almeno contenere gli effetti della situazione di dissesto economico; le irregolarità nella tenuta delle scritture contabili della Fondazione della quale erano ben consapevoli gli esponenti di vertice del gruppo», tanto da spingere gli inquirenti a disporre una consulenza tecnica per ricostruire la situazione finanziaria della società anche con riferimento alle polizze assicurative contratte prima di marzo 2013 nell'ambito di un parallelo filone investigativo.
Tutto questo, osserva il giudice, «non ha tuttavia offerto alcun elemento utile a individuare in modo diretto eventuali interessati all'esecuzione dell'incendio». Ed ecco che la piena luce sul rogo che la sera del 4 marzo 2013 si sviluppò dai quattro focolai azionati in diverse zone del grande polo culturale di via Coroglio, ancora non c'è. Restano ombre e interrogativi. Da chi fu aiutato Cammarota? Con i suoi silenzi chi o cosa starebbe coprendo?
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