Colangelo: «Decine di clan in città: gli arresti non bastano»

Colangelo: «Decine di clan in città: gli arresti non bastano»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 23 Aprile 2016, 08:43
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Killer scatenati nel cuore di Napoli, a due giorni dall’assalto alla caserma dei carabinieri di Secondigliano. Spiega il procuratore Giovanni Colangelo: «Abbiamo il monitoraggio dei fenomeni criminali a Napoli, a volte interveniamo con arresti mirati anche pochi giorni dopo un agguato, ma tecnicamente è impossibile prevedere e impedire episodi del genere. Lo ripeto da tempo: oltre al lavoro dei pm, occorre una strategia di medio tempo sul piano socio-economico, ma anche urbanistico, che certo non dipende da noi». 

Intanto, dopo un atto eversivo come i colpi di mitra contro la caserma, un nuovo raid alla Sanità, ancora sangue e omicidi. Avete perso il controllo del territorio?
«L’assalto a una caserma è un fatto di una particolare gravità, ci sono indagini in corso, anche se nessuna pista è esclusa. L’agguato alla Sanità è altrettanto grave, ma la situazione non è fuori controllo. Sul territorio cittadino, ci sono decine di gruppi associati, abbiamo un monitoraggio su ogni dinamica, come emerge anche dal fatto che a volte siamo stati in grado di arrestare presunti killer dopo una decina di giorni dal delitto».

Eppure, la città doveva essere presidiata, specie tra i vicoli del centro storico.
«Ma come si fa a prevedere un agguato del genere? Come si fa a impedire un raid all’esterno di uno dei tanti circoletti in città? Come dico da tempo, in città c’è un problema socio-economico, ma anche urbanistico, che impone una strategia di medio e lungo termine».

Non crede però che da troppo tempo si parla di bande in guerra proprio alla Sanità?
«In questi anni, abbiamo il più alto numero di latitanti arrestati, abbiamo numeri elevatissimi in materia di misure cautelari e sequestri. Evidentemente, questo tipo di scenario, va affrontato anche con altri mezzi, al di là dell’approccio giudiziario». 

Raggiunto al telefono dal Mattino, il capo dei pm napoletani non si nasconde nel commentare lo scenario cittadino, a pochi giorni dall’assalto alla caserma di Secondigliano, ma anche a pochi minuti dal raid alla Sanità, che ha provocato due morti e alcuni feriti. 
Procuratore Giovanni Colangelo, come risponde alle riflessioni sulla decisione del Tribunale dei minori di togliere i figli a una giovane madre incensurata?
«Come sa bene, non ho mai commentato un provvedimento di un giudice, nel rispetto delle regole della giurisdizione. Le regole si applicano e i provvedimenti giudiziari si rispettano». 

Però ci dia la possibilità di comprendere quanto avvenuto a Secondigliano: cosa è accaduto? Perché si è arrivati a una decisione così estrema di sottrarre i figli a una madre?
«In questo caso, il Tribunale dei minori di Napoli ha preso atto di una situazione molto delicata e ha adottato un provvedimento che va a tutela degli stessi minori».

Eppure, si tratta di un provvedimento adottato sulla scorta delle indagini della Dda di Napoli. 
«Il caso di Secondigliano non è l’unico qui a Napoli e ce ne sono tanti simili in altri contesti di lotta alla mafia. Quanto alle nostre valutazioni, abbiamo segnalato una situazione di rischio, lo abbiamo fatto nell’interesse preminente di tutelare il bene più sacro, che è la vita dei due bambini».

Procuratore, restiamo a Secondigliano: possiamo capire quale è stato il percorso seguito? Qual è stato il ragionamento che avete portato avanti?
«È un percorso dettato da dati oggettivi: questi bambini trasferiti in località protetta sono figli di un presunto boss latitante, ma anche nipoti di un collaboratore di giustizia. Esistono fondati motivi per ritenere a rischio la posizione dei due bambini, mentre alla madre era stato chiesto se voleva andare in località protetta».

Un provvedimento del genere è destinato a far discutere.
«Se un bambino venisse ferito o ucciso nel corso di una ritorsione, cosa direbbero i cittadini? Glielo dico io: la prima cosa sarebbe legittimo chiedersi perché lo Stato non li ha tutelati, perché nessuno si è preoccupato di tutelare un minore».
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