Bomba in pizzeria, lo Stato deve dare una risposta

di Isaia Sales
Giovedì 17 Gennaio 2019, 08:00
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Il 2018 si era chiuso facendo registrare il più basso numero di delitti di camorra a Napoli e provincia da decine e decine di anni a questa parte, appena 6 in tutto l'anno solare. Con la diminuzione anche degli altri reati violenti, in particolare di furti e rapine. Neanche il tempo di rallegrarsi per questa inversione della violenza omicida nell'area metropolitana più turbolenta d'Italia, che il rumore delle bombe estorsive nel centro storico di Napoli e nella vicina Afragola ci riporta con i piedi per terra. Una violenza omicida si raffredda e una violenza intimidatrice si riattizza. Un'emergenza si ridimensiona e un'altra torna prepotentemente in scena. E forse la diminuzione dei morti ammazzati e l'inasprirsi delle intimidazioni estorsive sono più strettamente legate di quanto si possa in un primo momento immaginare.

Afragola è la città dell'avveniristica stazione dell'alta velocità di Zaha Hadid, giudicata nel 2017 dalla BBC tra le migliori costruzioni nel mondo, ammirata in tutta la sua forza evocativa nel deserto civile che le sta attorno; nel giro di 20 giorni ben otto bombe hanno preso di mira vari negozi in diversi punti della cittadina.

L'ultima è esplosa poco dopo le 23.30 dell'altra sera in una delle strade principali, con ancora gente in giro a piedi e in auto. Ma Afragola non è Lodi, non è una delle tante città del Nord dove la notizia di un atto criminale di un nero buca lo schermo e attira la stampa nazionale. No, ad Afragola non c'entrano i neri. C'entrano i vari clan di camorra, fatti da bianchi e italianissimi criminali, che si contendono il controllo del territorio a colpi di bombe dopo la fine dell'egemonia pluridecennale del clan Moccia che vi dominava fino a poco tempo fa. 

E nel centro storico di Napoli viene messa una bomba a una delle pizzerie simbolo della città, simbolo insieme gastronomico e di resistenza attiva al dominio dei clan sul rione, dove ogni giorno, a pranzo e a cena, centinaia di persone (tra cui tantissimi turisti) aspettano in fila di mangiare una delle più buone pizze al mondo. È come se una bomba fosse stata messa al ristorante di Cracco nella galleria di Milano, o a Roma a quello di Sora Lella sull'isola Tiberina. Certo, si tratta di una bomba-carta che per fortuna non ha fatto grandi danni, ed è certo che negli ultimi anni il boom turistico aveva finora sconsigliato anche gli uomini del clan di non compromettere con atti eclatanti il benessere che la zona ne sta ricavando, quasi a convincere migliaia di persone del centro storico che si può vivere dignitosamente di turismo, cibo, presepi e pizze al posto di arrancare dietro attività illegali/criminali. Insomma, il successo di Sorbillo e di tante analoghe attività sta modellando su interessi leciti una parte del cuore antico della città. Chissà se dietro la bomba non possa profilarsi una guerra psicologica, prima che militare ed estorsiva, tra due concezioni di vita e di lavoro così radicalmente diverse che operano sullo stesso territorio. A Napoli e in Campania (per ora) i delinquenti di colore non mettono bombe ai negozi, lo fanno in genere i clan di camorra per affermare davanti alla città e ai commercianti che il luogo dell'attentato è di loro competenza, è territorio loro, è affare loro, al di là se prima hanno fatto o meno richieste estorsive. La bomba è un segno di comando, di potere: è marcare il suolo per una questione di «appartenenza». Chi deve capire, capirà. È la pedagogia criminale dell'estorsione: la violenza fisica può essere esercitata in qualsiasi momento nei confronti di chi a quel potere non intende sottomettersi. Il negoziante ha tutto da perdere, compresa l'eventuale paura dei clienti di recarsi in locali «non tranquilli». In questo senso , l'estorsione diventa una tassa sulla sicurezza, una assicurazione privata affinché non ti succedano altri episodi del genere, un contratto del tutto particolare perché pagando si chiede sicurezza a chi con la bomba ti ha creato insicurezza e pericolo. Oppure è un messaggio preventivo: aspettati una richiesta, e non necessariamente in denaro, e preparati a valutare pro e contro.

E immaginiamo ( e purtroppo non possiamo escluderlo) l'impatto nei prossimi mesi sui flussi turistici a Napoli (oggi a livello mai raggiunti negli ultimi decenni) se dovessero continuare queste azioni intimidatrici con la stessa intensità, quotidianità e violenza registrate ad Afragola: nel giro di poco tempo tornerebbero le immagini sui giornali del mondo della pizza napoletana associata alle bombe estorsive, immagini più deflagranti delle stesse bombe, come fu la foto degli spaghetti con la pistola in copertina su Der Spiegel nel 1977, dopo l'ennesimo delitto in un ristorante della città. 

Napoli e la sua area metropolitana sono sempre incinte di nuove emergenze, che in definitiva emergenze non sono in quanto espressione di un unico strutturale problema: non esiste un compiuto monopolio della violenza legittima in mano allo Stato (nonostante gli sforzi delle diverse forze dell'ordine, sicuramente più coordinate tra loro rispetto al passato) e non esiste il monopolio dello Stato nella tassazione dei cittadini. Se uno Stato degno di questo nome (e meritevole della fiducia dei suoi cittadini) si qualifica e si legittima solo se ha nelle sue mani il monopolio della violenza fisica non permettendo a nessun altro cittadino privato (singolo o associato) di girare in armi o di esercitare azioni militari sul territorio di sua competenza; se uno Stato degno di questo nome si qualifica e si legittima solo se resta unica fonte di tassazione e di riscossione di imposte, o per essere l'unica fonte di emanazione di leggi e di sanzioni per chi non le rispetta; allora si può tranquillamente dire che in alcuni territori italiani vige una «polistatualità» perché è evidente un duopolio della violenza con le organizzazioni mafiose e camorristiche e una tripartizione della tassazione (tasse, pizzo e tangenti). Per questi motivi ci aspettiamo che l'affermazione prima gli italiani includa anche noi cittadini napoletani e meridionali che vorremmo avere la certezza di avere un solo Stato a cui pagare tasse e ai cui uomini in armi affidare in esclusiva la nostra sicurezza.
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