Le indagini, avviate lo scorso anno, hanno visto il coinvolgimento - tramite l'Europol - di diverse autorità estere. Secondo quanto appurato dai finanzieri, a guidare il sodalizio criminale sarebbe stato Carmine Guerriero che, sfruttando le proprie abilità informatiche, avrebbe individuato i clienti finali, «agganciati» grazie alla pubblicazioni di specifici annunci su un sito del deepweb, la parte «invisibile» di internet alla quale si può accedere solo con specifiche applicazioni informatiche. «Dopo avere instaurato i primi contatti con i clienti - spiega il procuratore Alessandro Pennasilico - la consorteria criminale provvedeva ad inviare alcuni campioni da visionare, l'indirizzo e-mail da contattare per definire l'acquisto e un foglio con indicati i mezzi di pagamento preferiti, tra i quali il canale dei money transfer e il cosiddetto bitcoin (un'innovativa modalità di corresponsione che garantisce ulteriormente l'anonimato delle transazioni finanziarie)». Una volta ricevuto il pagamento, l'organizzazione provvedeva all'invio della banconote false, occultate all'interno di libri tagliati nel mezzo, affidati a ignari corrieri.
La Guardia di Finanza ha rilevato un migliaio di spedizioni sospette e attraverso segnalazioni ha consentito a diverse autorità estere (spagnola, portoghese, francese, tedesca, austriaca, svedese, olandese e lituana) di condurre operazioni di sequestro con arresti in flagrante.
Oltre 150mila gli euro falsi sequestrati. Stando alle risultanze delle indagini, da ottobre 2014 a luglio 2015 Guerriero avrebbe invece incassato oltre 160mila euro. «Considerato - spiega ancora Pennasilico - che le banconote falsificate venivano smerciate ad un prezzo pari a circa il 30% del valore facciale delle stesse e tenuto conto di quanto monetizzato dai sodali con i soli bitcoin, si calcola che la compagine delinquenziale abbia commercializzato banconote contraffatte per oltre 600.000 euro».